In un contesto che cambia con continuità, per affrontare il mercato mutevole si deve assumere una posizione fluida, che sappia approfittare dell’evoluzione invece di subirla. Meglio che sia un percorso continuo e non un salto evolutivo.
Pare che Buddha dicesse che il cambiamento non è mai doloroso, solo la resistenza al cambiamento lo è. Di questi tempi, che ci piaccia o meno, dobbiamo assumere la consapevolezza che continuare a fare ciò che abbiamo sempre fatto ci colloca in una posizione statica e, in prospettiva, insostenibile. Di norma si resiste sino a quando si è costretti ad affrontare qualcosa di nuovo, che ci obbliga ad uscire dalla zona di comfort, generando una situazione conflittuale, di stress dovuto all’emergenza, allo sforzo eccessivo ma necessario per riallineare una posizione rispetto a un mercato che è andato più in fretta di noi e che ci sta lasciando indietro.
Come affrontare il mercato: qualche spunto sul percorso
Don Kelley e Daryl Conner nel loro modello del “ciclo emozionale del cambiamento” cercano di spiegare gli stati d’animo e le fasi di questo percorso; già, perché di questo si tratta e la premessa si può descrivere in cinque punti.
1. Al primo posto la volontà di cambiare.
2. Si tratta di un fattore personale che va oltre, per esempio il coinvolgimento in un progetto.
3. Ci si deve abituare al fatto che non si tratta di un evento ma di un viaggio e ragionevolmente senza una meta finale: non si arriva mai.
4. Tutto questo genera emozioni contrastanti e forti.
5. Se riusciamo a prevedere, immaginare e impostare, passo dopo passo, la strada da fare, lo stress si stempera e si procede in maniera più efficace.
Lo stato d’animo vincente lo trovo in una frase che Pippi Calzelunghe pronuncia dopo che gli amici la esortano a tornare a casa dato che il vento si sta facendo sempre più forte: “Davvero il vento diventa sempre più forte? Non importa: anch’io”.
Nella fase esecutiva ci sono una serie di passaggi descritti proprio da Kelley e Conner. Il primo momento è quando si evidenzia l’attimo in cui si percepisce che si deve recuperare strada oppure si devono sviluppare nuove idee, nuovi prodotti e nuovi servizi. In questa fase, in cui si decide di agire su un’idea, si è tutti carichi ed entusiasti. Ma dopo poco ci si rende conto che questi cambiamenti avranno un prezzo e subito emerge la paura di essersi cacciati in qualcosa di cui non si comprende la dimensione e il potenziale pericolo. Quindi, scaramanticamente, affiora il pensiero ove ciascuno comincia a mettere in dubbio il valore della nuova impresa o solo della nuova idea, talvolta si vorrebbe fermare le macchine e/o tornare al via. Però si procede.
Il terzo passaggio si verifica quando “la scarpa tocca davvero la strada”, ossia quando si è operativi e si cammina sul filo del rasoio dell’abbandono o della continuazione. È qui che l’impresa e il team sentono tutti i costi, ma nessuno dei benefici attesi, perlomeno non ancora.
Ma improvvisamente la luce appare alla fine del tunnel mentre si spinge e si continua con i cambiamenti che si sono decisi inizialmente e i risultati finali sembrano più raggiungibili.
Così facendo, finalmente, si arriva all’obiettivo! Per raggiungere il risultato prefissato è di norma necessario superare e cambiare le abitudini. Nella stragrande maggioranza dei casi di successo si arriva alla consapevolezza di quanto sia costato, ma di norma la conclusione è che ne sia valsa la pena alla luce del percorso di cambiamento ormai avviato con successo.
Le priorità e perché accettare sfide diverse
Si accettano nuove sfide perché è necessario e banalmente, nel caso di un punto vendita o di una industria, per iniziare a soddisfare con successo quei segmenti di mercato sino a oggi trascurati, sia perché inesistenti nel nostro portfolio sia perché oggi emergenti.
Ogni nuova sfida per affrontare il mercato che cambia richiede anche buon senso e una serie di passaggi che si focalizzino sulle priorità, dato che non si può oppure è sconsigliato cambiare tutto in una volta. Se pensiamo però alle figure e alle aziende vincenti che hanno fatto tanta innovazione emerge sempre una vocazione per la discontinuità. Quello che potremmo definire “marketing dirompente”!
Il disruptive marketing prevede l’utilizzo di tattiche sperimentali che sfidano lo status quo e le convenzioni ormai assodate. Piuttosto che seguire la saggezza del marketing convenzionale, i marketer dirompenti testano tattiche nuove e audaci che non sono mai state provate prima. Alcune funzionano, altre cadono nel vuoto. E va bene così, è così che funziona l’innovazione. Va da sé che questo cela un rischio d’impresa molto elevato ed è forse la ragione per cui, a tre anni dalla nascita, statisticamente sopravvive solo il 3% delle start up innovative.
Il concetto di marketing di rottura si configura con una innovazione dirompente che è, in sostanza, l’introduzione di un prodotto o di un servizio in un settore consolidato che offre prestazioni migliori e, in genere, a un costo inferiore rispetto alle offerte esistenti, spiazzando così i leader di mercato in quel particolare frangente e trasformando il settore. Non è facile ma succede, funziona così e gli esempi sono molteplici.
Convinzioni personali
Al centro di ogni progetto evolutivo c’è sempre la persona, spesso una persona, spesso sola. In ogni caso come deve cambiare la forma mentis dell’innovatore? Pierre Reverdy, che è stato un poeta e aforista francese, disse: “Chi conosce la propria debolezza è realmente più forte di chi crede ciecamente alla propria forza”. Le convinzioni personali sono a volte dei filtri pericolosi, che traggono ispirazioni da pregiudizi, da false convinzioni. Vediamo 6 aspetti che potrebbero in qualche misura limitare il successo di un percorso evolutivo, tratti da un lavoro del Dr. Giovanni Rizzi di Lexis Ricerche. Oggi qualcuno li definirebbe forse “bias cognitivi”: sono delle distorsioni che le persone attuano nelle valutazioni di fatti e avvenimenti. Tali distorsioni spingono gli individui a ricreare una propria visione soggettiva che non corrisponde fedelmente alla realtà.
Ecco a cosa fare attenzione:
1. Usare analogie: l’analogia è rapida e potente ma può ingannare.
2. Mainstreaming, ossia scegliere la soluzione più diffusa.
3. Ragionare per stereotipi, ossia basandosi su opinioni rigidamente precostituite e generalizzate (preferite, personali o sociali, massmediatiche).
4. Ottimismo ed eccesso di ottimismo verso l’ignoto (speranza e negazione dei possibili problemi).
5. Framing: manipolazione attraverso il contesto o visione limitata. Vedere il mondo da una cornice.
6. Avversione alla perdita (difficoltà a separarci da ciò che possediamo).
Buona innovazione a tutti!