Il mercato del barbecue in Italia sta vivendo anni di grande sviluppo. La passione degli italiani per il grill vale circa 70 milioni di euro: 50 per l’acquisto di barbecue e 20 per gli accessori, una componente dell’offerta sempre più importante e che caratterizza i rivenditori specializzati. Internet rappresenta un concorrente temibile per i “negozi fisici”, ma il consumatore italiano dimostra di preferire il rapporto consulenziale del personale qualificato. Lo “show rooming”, però, è un pericolo reale e quotidiano di molti negozi specializzati.
Il mercato del barbecue in Italia: un fenomeno di moda
Il fatto che in televisione nell’ultimo decennio non si faccia altro che parlare di cucina ha indubbiamente aiutato anche il mercato del barbecue, permettendo di avvicinare una grande massa di consumatori a questo tipo di cottura, ma soprattutto insegnando loro le tecniche corrette e le modalità d’uso di tutti gli accessori. Senza dimenticare quanto sia importante la qualità della griglia di cottura, per evitare per esempio che residui di verniciatura finiscano nei piatti.
Che il barbecue sia diventato “di moda” è testimoniato da molti fattori: oltre alla presenza di format televisivi dedicati (come I Re Della Griglia con Chef Rubio, Serial Griller con Matteo Tassi o Il Mago del Barbecue con Steven Reichlen), esiste online un numero sempre maggiore di por tali incentrati sull’utilizzo del barbecue (tra cui spicca www.bbq4all.it di Gianfranco Lo Cascio).
Così come è interessante rilevare il crescente successo delle manifestazioni fieristiche concepite per soddisfare gli amanti della griglia (citiamo su tutti Piacere Barbecue di Perugia, quest’anno in programma dal 16 al 25 giugno).
Un trend che abbiamo riscontrato anche nei punti vendita specializzati: molti importanti garden center hanno creato degli shop in shop dedicati al barbecue e organizzano show cooking in modo metodico, così come molte insegne del bricolage hanno introdotto e sviluppato questa famiglia merceologica, le più avvedute per tutto l’anno e non solo in estate.
Il mercato italiano cresce anche grazie agli accessori
Quantificare il mercato dei barbecue in Italia non è semplice, anche perché è impor tante definire cosa intendiamo col termine “barbecue”, poiché l’offerta spazia dalle griglie da 10 euro alle cucine da giardino in cemento. Inoltre, accanto alle industrie e ai brand più conosciuti del settore, il mercato vede la presenza di barbecue di importazione, sia direttamente da par te delle insegne della grande distribuzione sia attraverso intermediari specializzati.
Un fenomeno, quello delle importazioni dall’Estremo Oriente, figlio della globalizzazione e che ha sicuramente danneggiato le imprese Made in Italy, che nello scorso secolo hanno sempre esportato in tutta Europa i barbecue italiani. Mentre però il mercato era scosso dal brivido dell’importazione low cost cinese, è interessante rilevare come in Italia si sia affermato il “fenomeno Weber”, che punta invece sulla qualità e sulla passione.
Fatte queste premesse e pur in mancanza di ricerche di mercato, possiamo stimare, grazie alla collaborazione delle imprese del settore che abbiamo contattato, che in Italia nel 2016 sono stati venduti circa 350.000 barbecue per un giro d’affari di circa 50 milioni di euro (prezzi al consumo). Il trend è positivo rispetto all’anno precedente (+5/10%), in particolare per i barbecue a gas, che rappresentano circa il 25% dei barbecue totali venduti e il 51% del fatturato.
“L’andamento è in continua crescita – conferma Davide Apollonio, direttore commerciale di Ferraboli –, magari non più esplosiva come nel passato, ma assolutamente in crescita. Cresce il gas come quantità e fatturato, ma la carbonella è sempre quella che tira di più!”
A questo giro d’affari dovremmo aggiungere an-che la parte riguardante gli accessori, sui 20 milioni di euro, che rappresentano circa il 30% del “mondo barbecue” in Italia, stimabile quindi, nella sua globalità, in circa 70 milioni di euro.
“Se consideriamo bricchette e accessori, valgono circa il 30-35% del nostro fatturato – conferma Alessandro Radin, general country manager Italia e Spagna di Weber –. Non solo gli accessori per il barbecue, ma anche i libri vendono molto: parliamo tanto di digitale, ma si vendono ancora tanti libri. Anche i dati di vendita delle bricchette sono in aumento ed è significativo perché non si tratta di una normale carbonella, ma di un pro-dotto di alta qualità: tanti consumatori lo hanno testato e ci si sono affezionati, anche se costa di più”.
“Abbiamo fatto delle attente ricerche di mercato che portano a una percentuale molto simile a quella indicata da voi – confermano anche dall’ufficio marketing di Fògher, un nuovo brand del mercato lanciato nel 2016 –. Questa percentuale ci ha permesso di sviluppare una nuova linea di accessori brandizzata Fògher che rispecchia la qualità Made in Italy”.
Tra e-commerce e “negozio fisico”
Non esistono dati specifici relativi al mercato italiano sull’andamento delle vendite dei singoli canali distributivi, ma è noto che il barbecue è un tipo di prodotto molto venduto online, magari dopo aver-ne valutate le qualità grazie alla consulenza personalizzata di un addetto di un negozio specializza-to. Il cosiddetto show rooming.
Per fotografare il fenomeno ci viene in aiuto una ricerca condotta nella scorsa estate da Ssi Survey Sampling International per Idealo, un sito di comparazione prezzi, che ha intervistato più di 2.500 utilizzatori di barbecue di 5 paesi (Germania, Francia, Polonia, Regno Unito e Italia). In Italia svolgono ancora un ruolo fondamentale i negozi specializzati e solo l’8% degli inter vistati ha acquistato il barbecue in un e-shop, ma è interessante rilevare come la percentuale dell’e-commerce salga al 23% in Germania e al 18% del Regno Unito.
“L’e-commerce, soprattutto all’estero, la fa da padrone – conferma Davide Apollonio di Ferraboli -. Il barbecue è un acquisto emozionale e chi deve spendere una cifra media lo può fare in un garden center come sul tablet, senza differenze”.
Ciò invece in cui eccelliamo noi italiani è proprio lo show rooming, cioè il confronto dei prezzi direttamente nel punto vendita sfruttando la connessione offerta da-gli smartphone, magari con il wi-fi pagato dal negoziante. Si comporta così il 50% degli italiani e dei polacchi, mentre nel Regno Unito la percentuale scende al 38%. L’attenzione verso il confronto dei prezzi online è comunque alta: oltre al raffronto nei negozi, il 38% degli italiani analizza l’offerta dei siti e-commerce, il 16% controlla i marketplace (come Amazon e eBay) e il 13% consulta i por tali dedicati al confronto dei prezzi (come Idealo, Trovaprezzi o Kelkoo).
“Sicuramente è un tipo di concorrenza sempre più presente – spiega Giuseppe Franceschi, direttore commerciale di Bst –, ma penso che non sostituirà il negozio specializzato che può fornire una vendita assistita”.
In effetti l’importanza dei punti vendita non è in discussione. Il consumatore dimostra di riconoscere il valore dell’assistenza personale all’atto dell’acquisto di un barbecue, specialmente se si tratta di “macchine” di fascia media e alta: infatti si reca nei negozi per raccogliere informazioni. Il problema, per i “negozianti fisici”, è concretizzare l’acquisto nel punto vendita, evitando che il cliente si lasci ammaliare dai prezzi più competitivi presenti online.
“Tutto dipende dalle politiche di prezzo che decidono di utilizzare i produttori e i rivenditori – spiegano dall’ufficio marketing di Fògher –. Nel web c’è una vera e propria guerra di prezzo al ribasso, molte volte lo stesso prodotto da un sito e-commerce a un altro ha una differenza del 15-20%. Fògher ha deciso di distinguersi consigliando ai rivenditori un prezzo minino di vendita. Così da Bolzano a Palermo, su internet o nei diversi punti vendita, non ci sarà nessuna differenza. Questa decisione è stata presa per tutelare al 100% tutti i nostri rivenditori e tutti i clienti che credono in noi senza entrare in guerre al ribasso”.
“Gli specialisti, se lavorano bene, cioè se diventano dei veri specialisti, possono crescere in modo molto importante: ho tantissimi esempi che potrei portare – spiega Alessandro Radin di Weber –. Anche l’inserimento degli shop in shop Weber è nato per permettere ai rivenditori di diventare veramente dei centri specializzati Weber. Prima parlavamo di accessori: la gamma di accessori è il sintomo di un punto vendita specializzato. Se non hai l’accessorio non sei nessuno nel nostro mondo ed è lì che fai la differenza rispetto agli altri. Soprattutto con un brand come il nostro, che è riconosciuto e riconoscibile: ormai chi ha un Weber difficilmente compra una custodia o un termometro di un’altra marca. I clienti sposano il brand, il modo di vivere e la filosofia dell’azienda. Ma chi si è specializzato, chi ha esposto il materiale in un certo modo, chi ha investito negli shop in shop, nella comunicazione e nei social media, oggi sta facendo la differenza”.