domenica, Dicembre 22, 2024

L’importanza delle certificazioni ambientali nel florovivaismo

Stiamo andando verso l’armonizzazione delle certificazioni ambientali nel florovivaismo, uno strumento fondamentale per aumentare il valore aggiunto dell’offerta. Ce ne parla Antonio Fracassi, responsabile di Mps per l’Italia.

di Antonio Fracassi, responsabile Mps per l’Italia

Il flusso delle informa­zioni associate oggi a qualunque filiera di pro­dotto o servizio è in qualche manie­ra correlato a un concetto di “soste­nibilità”.

La comunicazione rivolta al consu­matore finale, anche su tale aspet­to, assume elementi dai processi dei diversi sistemi produttivi e li traduce in messaggi coordinati mi­rati a incidere positivamente sulle dinamiche di acquisto. Tutte le im­prese orientate al mercato sono pertanto indotte a strutturare una propria “politica di sostenibilità” coerente e compatibile con quella dei propri partner.

Le organizzazioni distributive inter­medie svolgono un ruolo determi­nante nell’armonizzare le diverse politiche adottate dagli attori della filiera e nell’individuare le linee stra­tegiche comuni, delegando a team di esperti sui temi della qualità to­tale e della sostenibilità il ruolo di definirne i relativi piani attuativi.

Tra questi le certificazioni su base volontaria rappresentano un requi­sito basilare nella qualificazione dei fornitori e uno strumento cardine per standardizzare alcuni processi chiave nel controllo qualità. Oltre a ciò, viene molto spesso richiesto il possesso di requisiti aggiuntivi as­sociati a indicatori di sostenibilità contraddistintivi dei rispettivi brand commerciali con i quali vengono pre­sentati al consumatore finale.

I prodotti floricoli e ornamentali ri­specchiano tale dinamica con una connotazione particolare per gli aspetti di natura emozionale che motivano all’acquisto.

Infatti il possesso di certificazioni volontarie applicabili al comparto rappresenta per i produttori una condizione necessaria ma non suf­ficiente per poter accedere alle reti distributive in quanto sono richiesti requisiti addizionali tra i più dispa­rati, che spaziano dalle limitazioni nell’utilizzo di terricci provvisti di torba, al packaging con materia­li compostabili fino alle restrizioni all’impiego di determinati fitofar­maci connotati da una “reputazione negativa”, quand’anche autorizzati dalla legislazione vigente. Su tale ultimo aspetto risulta inoltre eviden­te come la reputazione pubblica as­sociata a determinati principi attivi derivi da episodi e circostanze riferi­bili ad altri comparti dell’agricoltura molto distanti da quello florovivai­stico e ciò avviene frequentemen­te senza adeguate argomentazioni tecnico-scientifiche.

Ciò innesca spesso problematiche tecniche di difficile risoluzione in quanto la gamma dei fitofarma­ci di cui è ammesso l’utilizzo, già fortemente ridotta dalle politiche comunitarie del Green Deal, viene a essere ulteriormente compressa in netto contrasto con il principio di rotazione che rappresenta uno dei caposaldi della difesa fitosanitaria integrata, rischiando di compromet­tere gli obiettivi di qualità estetica che devono necessariamente ac­compagnare i prodotti floricoli e or­namentali.

Esempi recenti riguardano le restri­zioni imposte nell’utilizzo di alcune classi di prodotti per la difesa delle colture non selettivi per gli insetti impollinatori e di largo uso in orto­frutticoltura, che coinvolgono anche le coltivazioni di piante ornamenta­li da fogliame, dove tale rischio è da considerarsi effettivamente nul­lo in quanto tali tipologie di pian­te non presentano fiori o attrattori di sorta per gli impollinatori. Altro esempio riguarda alcune classi di erbicidi con profilo di rischio per gli organismi acquatici e di largo impiego nelle colture cerealicole estensive, ma che nel florovivaismo vengono utilizzate in quantità ridotte ed esclusivamente per il diserbo di aree aziendali marginali e a basso rischio di percolazione.

Constatato che il destinatario finale è sempre il consumatore, sarebbe interessante esplorare meglio qua­le sia l’effettiva percezione di loghi e slogan di sorta che evocano temi di sostenibilità e poter valutare me­glio i risultati di queste restrizioni in termini di competitività sul mer­cato. Un esempio sono i numerosi operatori in Italia che si ritrovano a contatto giornaliero con fiori e piante ornamentali nelle rivendite e per l’allestimento floreale di ce­rimonie e che sono costantemente esposti a potenziali rischi di conta­minazione da residui di fitofarmaci e per i quali avere la possibilità di manipolare prodotti “sicuri” per la propria salute avrebbe certamen­te un valore aggiunto superiore rispetto ad altri.

Armonizzazione delle certificazioni ambientali nel florovivaismo 2025

Immettere sul mercato prodotti provvisti di tali garanzie prevede di fatto il rispetto di buone prassi du­rante tutti le fasi produttive e che possono essere controllate solo nell’ambito di un sistema di gestio­ne e controllo verificato da un sog­getto terzo indipendente. Inserire arbitrariamente ulteriori requisiti in­coerenti rispetto a quelli già previsti in tali schemi rischierebbe di fatto di compromettere l’efficienza e l’ef­ficacia di tali sistemi.

Tutti gli enti di certificazione sono infatti soggetti a un rigido sistema di accreditamento che prevede ve­rifiche annuali indipendenti e inoltre sono tenuti a nominare un comitato di revisione composto da esperti, accademici, rappresentanti di im­prese del settore, del mercato e as­sociazioni di consumatori, al quale demandare il compito di riesamina­re periodicamente gli schemi certifi­cativi e apportare, ove necessario, le opportune modifiche e aggiorna­menti. Sarebbe quest’ultimo infatti il contesto adatto ove indirizzare gli input provenienti dalle diverse com­ponenti del mercato per migliorare gli standard adottando modelli con­solidati di cooperazione e sviluppo.

Tale orientamento è stato adottato anche dalla Floriculture Sustaina­bility Initiative (Fsi), che riunisce i principali attori del settore floricolo e del verde ornamentale internazio­nale e che ha individuato nel raffor­zamento e nell’armonizzazione dei diversi schemi di certificazione la strategia corretta per raggiungere entro il 2025 importanti obiettivi in materia di trasparenza, produzione e commercio responsabili, impatto positivo e miglioramento complessi­vo dell’intera filiera.

www.my-mps.com

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