Durante l’emergenza sanitaria, Anve (Associazione Nazionale Vivaisti Esportatori) si è particolarmente impegnata per la tutela degli interessi del mondo florovivaistico, tanto da riuscire a coinvolgere il 9 giugno le principali associazioni del settore per gettare la basi di un tavolo di rappresentanza nazionale della filiera florovivaistica.
Per tracciare un bilancio di questa esperienza e capire in che modo potrà ripartire il florovivaismo italiano sia in Italia sia all’estero, abbiamo incontrato il suo presidente, Leonardo Capitanio.
Leonardo Capitanio, 31 anni, è uno dei ragazzi prodigio del florovivaismo italiano: a 19 anni era già consigliere di Anve, a 26 anni ne diviene vicepresidente e dal 2018 è stato scelto per la presidenza, confermata il 16 giugno scorso fino al 2022. Oltre a essere amministratore dell’azienda di famiglia, la Vivai Capitanio, un punto di riferimento della produzione pugliese dal 1985.
Un danno di oltre 1 miliardo
GreenRetail: Il lockdown ha impattato in modo improvviso e importante il mondo del florovivaismo, che proprio all’inizio della primavera ha uno dei suoi massimi picchi di vendita. Avete stimato le perdite delle imprese italiane in Italia e all’estero?
Leonardo Capitanio: Abbiamo stimato il danno totale per il comparto nel mercato nazionale ed estero per più di 1 miliardo di euro di fatturato. Ovviamente il danno va differenziato e compreso. Questa è una stima del mancato fatturato della primavera: purtroppo non è estremamente precisa perché non esiste un dato sicuro e Ismea lascia a desiderare, quindi possiamo solo basarci su macro-dati figli delle interviste realizzate ai colleghi. È un dato di fatto che per almeno 40-50 giorni, che equivalgono ai 40-50 giorni con le maggior vendite dell’anno, siamo stati completamente fermi. Penso che alla fine di giugno saremo in grado di tracciare un bilancio e avere una idea più precisa della situazione.
Il danno del mancato fatturato in parte può essere recuperato, ma non in toto. Perché ovviamente molto prodotto, soprattutto quello fiorito e tipico del periodo primaverile, in quei 50 giorni è stato distrutto poiché deperibile. Prodotti come begonie, convolvoli o margherite, realizzati con programmazioni stagionali e una precisione settimanale, se non vengono venduti subito vanno al macero perché non possono essere rilavorati o ritrattati.
GreenRetail: Le mimose si vendono alla Festa della Donna, se salta nessuno le compra dopo…
Leonardo Capitanio: È proprio così. Se non vendi le mimose l’8 marzo, tutte quelle che hai prodotto devi buttarle via: non le vendi né a maggio ma neanche l’anno successivo.
GreenRetail: Come ha impattato la crisi sul commercio estero?
Leonardo Capitanio: Per quanto riguarda l’estero, a parte uno sfasamento di un paio di settimane, abbiamo avuto la stessa identica curva. Hanno bloccato gli acquisti 10-15 giorni dopo di noi e si sono sbloccati con lo stesso ritardo. Quindi è solo leggermente disallineato ma le percentuali sono le stesse.
È la prima crisi di settore che coinvolge in maniera uguale tutti gli attori: non c’è un paese che possa vantare situazioni migliori.
GreenRetail: Oggi le esportazioni sono ripartite?
Leonardo Capitanio: Sì, sono ripartite, ma con le stesse identiche caratteristiche del mercato italiano. Si sono concentrate a maggio nel prodotto fiorito, per il riallestimento dei garden center e dei punti vendita in giro per l’Europa e adesso si sta iniziando a vedere qualcosa sulle vendite per la manutenzione del verde e le realizzazioni. In generale i volumi ovviamente sono contenuti: il cliente che normalmente fa un carico di 50 carrelli quest’anno ne ha ordinati 30. Tutto è ripartito ma in volume ridotto.
Le iniziative di Anve nel lockdown
GreenRetail: Quali iniziative ha intrapreso Anve durante il lockdown?
Leonardo Capitanio: Siamo stati sul pezzo fin dal primo minuto, come è nostra natura. Ovviamente abbiamo subito lavorato sul fronte politico e amministrativo per cercare di attenuare le conseguenze delle restrizioni e poi anche per i sostegni economici per ripartire. Siamo stati individuati come interlocutori preferenziali dal ministro e dal sottosegretario con i loro staff e questo ci ha portato a essere molto vicini alle decisioni prese in questi mesi.
Grazie al nostro intervento abbiamo ottenuto una serie di chiarimenti, a partire dalle riaperture dei garden center: senza voler essere arroganti, possiamo intestarcene buona parte della paternità. Al contrario di altri, avevamo capito che la chiusura non era corretta. Che le norme siano scritte male non sono io l’unico a dirlo e i decreti erano facili da fraintendere. Di fatto la norma non obbligava la chiusura di chi vende prodotto agricolo, però facendo confusione con le liste dei codici Ateco tutti quanti sono stati indecisi sul da farsi. Invece di chiedere l’inserimento dei codici Ateco dei garden center o dei manutentori del verde nell’elenco delle attività autorizzate a lavorare durante il lockdown, abbiamo semplicemente chiesto e ottenuto un chiarimento sull’interpretazione della norma. Così è uscita la nota Faq del ministro che ha chiarito che chiunque vendesse prodotti e servizi del comparto agricolo poteva lavorare. Da quel momento in poi tutto il mercato ha ricominciato a prendere fiducia e tanti punti vendita hanno riaperto.
GreenRetail: I produttori potevano lavorare ma praticamente era bloccata la vendita. Una situazione che ha provocato danni enormi…
Leonardo Capitanio: Dovevamo stare aperti perché le piante devono essere accudite ogni giorno. Dopo le riaperture dei garden center abbiamo almeno ricominciato timidamente, piano piano, a rimetterci in piedi. Non con poche critiche: perché c’era chi – da imprenditore agricolo, da commerciante o da responsabile associativo – si è improvvisato anche virologo ed epidemiologo sostenendo che le riaperture avrebbero aumentato la cura del contagio. Ma non sta a me fare il virologo: io cerco solo di dare strumenti alle aziende per lavorare, poi ognuno è libero di fare quello che ritiene giusto.
La mancanza di una “voce comune”
GreenRetail: Qualcuno lamenta la mancanza di un coordinamento tra le tante associazioni coinvolte nel vasto “mondo del verde” e non sono mancate anche schermaglie fratricide. Qual è la tua opinione?
Leonardo Capitanio: Le associazioni, chi più chi meno, si sono tutte impegnate. Poi come al solito abbiamo sguainato le spade anche tra di noi, perché c’è chi pensava che le proprie idee fossero meglio di quelle degli altri. Ci sta, fa parte della dialettica, non voglio condannare nessuno.
Ma dobbiamo essere onesti e dire che c’è anche stato un ottimo coordinamento: l’80/90% delle sigle sono state molto vicine al settore e lo possiamo dimostrare con innumerevoli documenti prodotti in questi tre mesi e firmati da decine di associazioni. Poi è vero che una volta l’iniziativa è partita da Tizio e un’altra da Sempronio in funzione dei contatti che potevano mettere in campo: ma perché dovrebbe essere da condannare? Siamo in un paese democratico ed è bella anche la diversità: l’importante è che dalla diversità si traggano frutti comuni.
GreenRetail: Il 9 giugno si sono riunute molte associazioni per dare vita a un “coordinamento verde”. Anve era tra i partecipanti. Ce ne puoi parlare?
Leonardo Capitanio: Ci siamo riuniti con una dozzina di associazioni, comprese Confagricoltura e Cia, e abbiamo avviato un progetto di coordinamento. C’era l’esigenza di confrontarci dopo questi tre mesi di intensa attività: in questo periodo abbiamo firmato più volte documenti congiunti e stiamo cercando di organizzarci ancora meglio per la prossima volta.
GreenRetail: Nascerà una nuova associazione nazionale?
Leonardo Capitanio: No, non vogliamo creare strutture ma dare valore alla nostra diversità. Nel “mondo del verde” ognuno ha peculiarità diverse: noi abbiamo più l’occhio all’export, altri alla piccola agricoltura, ai garden center, ai lavori pubblici. Ed è un bene che ognuna delle associazioni abbia un background diverso, così come è bene che ognuna sia messa allo stesso livello. Questo per noi è un atteggiamento costruttivo. Se poi per coordinamento dobbiamo per forza intendere un aggregato con un presidente che rappresenta tutti, io stesso non sono d’accordo. Non ha senso e non serve neanche alle istituzioni: è un bene che ci sia questa diversità ed è bene che questa diversità si coordini.
GreenRetail: Il giardiniere e il gardenista fanno due lavori molto diversi e hanno esigenze diverse…
Leonardo Capitanio: Certo, sono due lavori molto diversi ed è inutile pretendere di mettere sotto un unico cappello il giardiniere, il gardenista, l’esportatore e il produttore locale. Altrimenti non sarebbero nate tutte queste associazioni. È positivo, come già facciamo da parecchio tempo e come abbiamo ulteriormente migliorato in questo ultimo periodo, riunirsi intorno a punti di interesse comuni, in modo che questi punti acquistino una maggiore forza.
La ripartenza
GreenRetail: Aiuti economici, azzeramento delle imposte, ampliamento del Bonus Verde: quali provvedimenti avete proposto al governo per tamponare i danni subiti dai florovivaisti italiani?
Leonardo Capitanio: Abbiamo avanzato anche altre proposte. Abbiamo chiesto che vengano allungati i piani di ammortamento sui finanziamenti bancari garantiti dallo Stato a periodi ben oltre i 6 anni. Una proposta che pare stia trovando concretezza.
Abbiamo anche proposto degli strumenti diversi e innovativi come i basket bond, per aggregare meglio le filiere e offrire uno strumento di finanziamento. Questa crisi, come è tipico delle crisi, ha fatto emergere le mancanze pregresse di strutture amministrative corrette.
Inoltre abbiamo proposto uno strumento per permettere la detraibilità degli acquisti di piante.
GreenRetail: Un miglioramento del Bonus Verde?
Leonardo Capitanio: No. La detraibilità degli acquisti di piante è diversa dal Bonus Verde: il Bonus Verde ha troppi paletti ed è poco appetibile sia per la percentuale di recupero sia per il totale dell’intervento defiscalizzabile. Noi invece proponiamo una soluzione più immediata e più diretta come la detrazione delle spese in piante: più facile, più semplice e dimostrabile con scontrino parlante.
Per esempio i tuoi lettori, i garden center, non hanno vantaggi dal Bonus Verde, se non minimi. Se invece proponiamo una detrazione sull’acquisto delle piante, permettendo ai clienti che comprano al garden o al vivaio di portare lo scontrino dal commercialista per recuperare la spesa, diamo veramente uno stimolo al settore. La percentuale decidiamola con le amministrazioni: ovviamente noi chiederemo il 110% e loro proporranno il 50%. Ma questo strumento sarebbe sicuramente uno stimolo all’acquisto di piante, perché si tradurrebbe in una immediatezza delle vendite. Appena esci con una notizia del genere, dal giorno dopo la gente si recherà a comprare piante per sfruttare questa agevolazione e le imprese incasserebbero subito. Anche per lo Stato sarebbe una soluzione che non aggrava i conti pubblici, perché non ci sarebbe un esborso immediato e la detrazione verrebbe spalmata su 5 anni come fanno spesso. Ma oltre agli aiuti chiediamo anche una maggiore attenzione.
GreenRetail: Cosa intendi?
Leonardo Capitanio: Innanzitutto pensiamo a una campagna di comunicazione, ben adeguata al florovivaismo italiano. Anche se al ministero ci rinfacciano che rappresentiamo solo il 6% dell’agricoltura nazionale, è ora di riconoscere che questo 6% è una delle ennesime eccellenze italiane. Non perché lo voglia millantare io, ma perché è di fatto così: a livello internazionale la qualità della produzione di piante ornamentali e frutticole italiane è sopra la media, se non siamo primi siamo sicuramente sul podio. È ora che lo Stato ce lo riconosca.
Faccio un esempio: quasi ogni anno in giro per il mondo ci sono degli Expo dedicati all’orticoltura e alla coltivazione di piante e fiori. Qui troviamo grandi stand della Cina, degli Stati Uniti, dell’Olanda, ma anche del Myanmar, dello Zimbabwe o dell’Azerbaigian: nazioni che ogni anno acquistano gli stand per sviluppare la promozione internazionale dei loro prodotti. È possibile che l’Italia riesca a partecipare a un Expo solo ogni 15 anni? Non ho nulla contro il Myanmar, ma penso che la sua produzione di piante sia di poco superiore a quella della mia azienda. Eppure espongono in pompa magna: perché non può farlo l’Italia?
Un ultimo esempio: da dieci anni è partito un progetto dal ministero per la certificazione VivaiFiori. Abbiamo costituito i disciplinari e tutta la documentazione necessaria e manca solo la ciliegina sulla torta, cioè che il marchio venga riconosciuto nel sistema dei marchi di qualità nazionali, insieme ai Doc e agli Igp. Un passaggio a costo zero per il ministero, si tratta solo di firmare dei documenti. Sono due anni che siamo fermi perché la decisione rimpalla da un ufficio all’altro: anche dove non servirebbero soldi non riusciamo ad avere adeguato sostegno.
Le eredità positive del Covid-19
GreenRetail: L’emergenza sanitaria ci ha obbligato a rivalutare e sperimentare nuovi strumenti: penso per esempio allo smart working, a un uso più proficuo del web ma anche al rinnovato dialogo tra le associazioni del settore. Il Covid-19 ci lascerà delle eredità positive?
Leonardo Capitanio: Il rinnovato dialogo è sicuramente positivo ed è una eredità che ci lascerà questa crisi. L’emergenza ha dato un’ulteriore spinta a qualcosa che già si stava creando: ovviamente quando arrivano le crisi, questi processi si accelerano.
Un’altra eredità positiva è la spinta a lavorare online, con l’e-commerce che è un buon modo di vendere le piante. Un aspetto che personalmente ho amato è il passaggio alle videoconferenze. Non voglio negare il piacere e l’utilità del contatto fisico: però probabilmente spostando qualche riunione online trarremmo molti vantaggi. Meno rischi, meno tempo per le trasferte, meno inquinamento, meno costi e più produttività.
GreenRetail: Anche il fatto che il 26 aprile piante e fiori siano stati inseriti nell’elenco dei prodotti primari è stato un riconoscimento importante, no?
Leonardo Capitanio: Quella è stata una manna dal cielo per noi e ci ha dato una mano importante nella ripartenza. Non voglio dimenticarlo: il danno c’è stato, c’è e resta. Ma il fatto di essere ripartiti presto ha attenuato le conseguenze negative. Ci sono tuttavia milioni e milioni di euro di piante che sono state distrutte e molti invenduti che ancora giacciono nelle aziende nella speranza di vendere qualcosa nelle prossime settimane.