a cura di Alessandro Samà, e-commerce manager BricoBravo.com
La internazionalizzazione dell’e-commerce è una decisione che deve essere ben ponderata e può essere presa in considerazione solo avendo alle spalle un e-commerce già ben strutturato in Italia, con indici di performance positivi e una rete efficiente in termini di logistica, feedback e assistenza.
La internazionalizzazione dell’e-commerce: considerazioni preventive
Il mio consiglio è quello di effettuare innanzitutto un’analisi approfondita del mercato in cui si vuole entrare e fare dei test di fattibilità, come se si dovesse ripartire da zero.
Se da un lato molti aspetti strutturali dell’e-commerce già implementato in Italia sono facilmente estendibili a nuovi mercati, dall’altro ci sono molteplici variabili, anche meramente qualitative, che possono creare un ostacolo inaspettato al conseguimento di risultati.
Per aprirsi a nuovi mercati credo sia fondamentale che l’azienda sia in primis orientata al cambiamento e che abbia risorse con competenze adatte alla gestione di tutti i processi. In secondo luogo è fondamentale avere un budget iniziale d’investimento di gran lunga più elevato rispetto al fatturato atteso, almeno per il breve/medio termine.
Nonostante il modello messo a punto per l’Italia sia una macchina solida e performante, la sfida di aprirsi a nuovi mercati è sempre molto alta.
Ogni passo deve essere ben studiato soprattutto in considerazione del fatto che, rispetto all’Italia, gli utenti sono più esperti e le pretese sono molto più alte. Anche la user experience del sito, ad esempio, deve essere rivista per implementare tutti gli accorgimenti e dare un’esperienza utente agevole.
Come organizzare un e-commerce internazionale
Dal punto di vista organizzativo, un e-commerce internazionale ha implicazioni su tutti i centri operativi nevralgici dell’azienda, dai livelli gestionali, legali a quelli strettamente operativi e interessa le aree più disparate. – Logistica: prevedere la possibilità di gestire dogane e supportare l’integrazione con corrieri e livelli di servizio diversi (access point, home delivery, reso gratuito con etichetta prestampata ecc.).
– Amministrazione e contabilità: definire la rendicontazione e liquidazione dell’IVA su vendita B2C per i paesi dell’Unione Europea e non.
– Gestione dei pagamenti: fornire agli utenti la possibilità di acquistare in modo sicuro con i metodi di pagamento più comuni nei mercati di riferimento.
– Customer care: gestire il dialogo con i clienti stranieri nella lingua da loro utilizzata e negli orari a loro più congeniali.
– Data entry: prevedere che tutto il catalogo sia tradotto in lingua, con il linguaggio corretto.
– Content strategy: prevedere se e quali contenuti sul sito o sui social dovranno essere modificati o geolocalizzati.
– Digital marketing: pianificare una strategia internazionale per definire i budget da investire, le revenue attese, i fornitori locali o il partner per la gestione delle campagne ecc.
– Grafica: definire la produzione di grafiche, banner, adattamento dei contenuti in lingua, ordinamento delle pagine di categoria ecc.
Per concludere, credo che l’Italia abbia ampi margini di crescita ma all’estero i mercati sono già formati e di dimensioni enormi per cui l’internazionalizzazione diventa fondamentale. In Francia e Germania, ad esempio, l’incidenza degli acquisti online arriva al 14% e addirittura in Inghilterra raggiunge il 18%, ben 3 volte rispetto a quanto accade in Italia. L’internazionalizzazione prevede un processo burocratico lento, dalle leggi fiscali alle infrastrutture della logistica e dei trasporti: in Italia siamo molto indietro ma chiudere le aspettative di vendita all’interno dei confini italiani credo sia un grande spreco!