Per la prima volta il florovivaismo italiano viene fotografato in modo chiaro e il quadro che ne esce è ricco di ombre. Ne abbiamo parlato con Nada Forbici, coordinatrice della Consulta Nazionale Florovivaismo Coldiretti che ha promosso il 1° Rapporto sul Florovivaismo, e Riccardo Fargione, coordinatore del Centro Studi Divulga, che ne ha curato la ricerca.
Il 19 febbraio è stato presentato il 1° Rapporto sul Florovivaismo (scaricabile a questo link), promosso da Assofloro, Coldiretti e Myplant & Garden e curato dal Centro Studi Divulga e dall’Istituto Ixè. Uno studio unico che fa luce sul mondo florovivaistico europeo e italiano in particolare, poiché affianca ai dati economici una ricerca qualitativa a un campione di produttori per approfondire il “sentito” delle aziende. Perché a volte, come in questo caso, i “numeri” non restituiscono la vera fotografia del paese.

Sale il fatturato, ma la redditività?
La produzione florovivaistica italiana ha raggiunto nel 2024 un valore di circa 3,254 miliardi di euro, con un incremento del +3,5% rispetto al 2023 e del +30,8% rispetto a dieci anni fa, nel 2015. Eccezion fatta per la flessione del 2020 pandemico, il giro d’affari è sempre cresciuto nell’ultimo decennio e i 3,254 miliardi di euro del 2024 rappresentano un record e attribuiscono al florovivaismo il 5,3% del Pil dell’agricoltura italiana.
Tutto bene quindi? Non esattamente. Negli ultimi dieci anni, come detto, il giro d’affari è aumentato del +30,8%, ma i volumi di produzione sono diminuiti del -6,1% mentre i prezzi sono aumentati del +39,36%. Quindi il record di fatturato è trainato quasi esclusivamente dall’aumento dei costi di produzione, mentre i florovivaisti italiani si ritrovano spesso più poveri di prima.
Fino alla pandemia i volumi di produzione sono stati costanti, con un aumento quinquennale 2015/2019 del +1,35%. Il Covid del 2020 ha avuto un effetto disastroso sulla produzione florovivaistica che si è tradotto in un calo importante. Le conseguenze del Covid e il seguente conflitto in Ucraina hanno provocato un enorme aumento dei costi di produzione e negli ultimi cinque anni non siamo più tornati ai volumi di produzione pre-Covid.
Il calo della produzione dell’ultimo quinquennio è anche figlio della chiusura di molte imprese. Secondo i dati dell’ultimo censimento, dal 2010 al 2020 abbiamo perso circa 5.000 imprese: 1.488 vivaisti e 3.507 floricoltori specializzati nei fiori recisi e nelle piante ornamentali. Negli ultimi dieci anni la superficie dedicata al florovivaismo in Italia ha registrato una contrazione del 20%, passando da 37.000 a 29.780 ettari nel 2023. Il calo maggiore del numero di imprese (-22,4%) rispetto alle superfici (-20%), indica un fenomeno di concentrazione e consolidamento della produzione.
Resta il fatto che solo il 36% dei florovivaisti italiani giudica positivamente l’andamento del settore, mentre il 44% lo valuta poco positivo e il 9% addirittura negativo. Lo spiega l’indagine campionaria svolta dall’Istituto Ixè allegata al Rapporto Florovivaismo 2025. E i problemi principali sono legati al reddito inadeguato (per il 61% degli intervistati) e all’aumento dei costi energetici (45%). Incidono anche le importazioni dall’estero (+31,39% nel 2024), spesso di prodotti di dubbia qualità ma basso costo: la maggior parte dei florovivaisti (83,7%) ritiene necessario valorizzare i prodotti italiani per accrescere la domanda.
In questo contesto si evidenzia ancora di più la lentezza della politica. C’era un disegno di legge avviato nel 2019 e approvato in prima lettura dalla Camera dei Deputati il 4 novembre 2020. Col voto del Senato sarebbe arrivato in tempo per la crisi del 2020. Invece sono seguiti tre anni di silenzio finché il 7 giugno 2023 l’attuale Ministro dell’Agricoltura ha annunciato di voler riprendere il percorso della legge delega sul florovivaismo, che però ha iniziato il suo nuovo iter un anno dopo. Sta per passare un altro anno e ancora si devono vedere i decreti attuativi: quel che è certo è la scomparsa del Tavolo sul Florovivaismo, l’unico momento di confronto a livello nazionale tra il settore e le istituzioni, attivo prima del Covid ma che da allora non è più stato riunito.
Per analizzare i risultati della ricerca abbiamo incontrato Riccardo Fargione, coordinatore del Centro Studi Divulga e responsabile del 1° Rapporto sul Florovivaismo e Nada Forbici, presidente di Assofloro e coordinatore della Consulta Nazionale Florovivaismo di Coldiretti.

Divulga: come è nato il 1° Rapporto sul Florovivaismo
Quali difficoltà avete incontrato nella realizzazione del 1° Rapporto sul Florovivaismo?
Riccardo Fargione: È un settore caratterizzato da un lato da una penuria di dati e dall’altro da una certa disomogeneità per diversi aspetti. Per esempio il tema della tassonomia e della classificazione. Essendo un settore che abbraccia diverse produzioni, uno degli elementi più complessi è stato proprio l’aggregazione dei singoli prodotti all’interno di macro categorie. Un problema incontrato in modo particolare nei confronti tra i dati a livello italiano, europeo e internazionale. Le fonti statistiche di rilevazione sono diverse e all’estero usano metodi differenti. Già questo aspetto evidenzia l’importanza di offrire dati uniformi per rilevare in modo puntuale la fotografia di un settore.
Il Rapporto è stato arricchito con una ricerca qualitativa: perché?
Riccardo Fargione: Abbiamo integrato i “dati” con un’indagine campionaria, che ha coinvolto diverse centinaia di imprese, per evidenziare anche la percezione delle imprese. Il contatto diretto e le loro impressioni sul settore hanno evidenziato – come molto spesso abbiamo avuto modo di verificare – come l’andamento economico spesso si scontri con il percepito reale del settore. Il settore cresce in termini di valore ma sconta delle difficoltà notevoli su diversi fronti: anzitutto il tema dei costi di produzione. Pensiamo al ruolo che la guerra ha avuto anche in termini di rincari dei fattori di produzione energetici e materie prime di varia natura. La nostra rilevazione, che è andata a integrare fonti statistiche primarie e secondarie, ha avuto l’obiettivo di completare il quadro e realizzare una fotografia più puntuale del settore.
Voi analizzate anche altri mercati agricoli: che idea vi siete fatti del florovivaismo?
Riccardo Fargione: È un settore centrale per il nostro paese: sta crescendo ma ovviamente vive delle difficoltà di varia natura. Una su tutte penso alle importazioni di prodotto dall’estero che non rispetta i nostri stessi standard produttivi e di qualità. Non è ovviamente una chiusura rispetto a dei flussi commerciali internazionali, che sono auspicati e auspicabili. Ma è evidente la necessità di regole comuni e condivise per evitare vi siano barriere tariffarie quando andiamo a esportare i prodotti italiani, mentre nelle importazioni troviamo prodotti di varia natura che generano concorrenza sleale al tessuto produttivo nazionale. Questo può essere superato attraverso dei meccanismi di reciprocità: quello che è richiesto nei confini europei e italiani dovrebbe essere rispettato anche per le importazioni extra Ue.
Come giustificate il forte calo della produzione italiana?
Riccardo Fargione: È frutto di una serie di problematiche che il settore ha vissuto in questi anni. Il settore florovivaistico è stato il più colpito, insieme al vitivinicolo, dal Covid. Ma mentre nell’agroalimentare le imprese hanno “tenuto” nei due anni tra lockdown e post-lockdown, nonostante il calo del canale Horeca, nel florovivaismo c’è stato un crollo totale nel 2020. La pandemia e lo scoppio della guerra in Ucraina hanno prodotto una serie di incrementi dei costi di produzione che molte aziende purtroppo non sono riuscite a fronteggiare. Tutto il mercato agroalimentare ha vissuto quattro anni di turbolenze, ma il settore florovivaistico secondo me è tra i più colpiti da questi fenomeni internazionali.
L’83,7% dei florovivaisti intervistati ritiene necessaria una maggiore valorizzazione della produzione italiana…
Riccardo Fargione: Quando parliamo di produzioni italiane andiamo sul massimo della qualità e della sostenibilità, mentre quando importiamo non prendiamo in considerazione gli stessi parametri. Il principio di reciprocità di cui parlavo: è figlio di un sistema non allineato in termini di reciprocità nelle azioni commerciali. Pensiamo al lavoro svolto dai produttori italiani dell’agroalimentare sulla valorizzazione della provenienza del prodotto. La battaglia dell’etichettatura d’origine, obbligatoria sui prodotti agroalimentari, ci ha portato oggi a vedere in tv la pubblicità di un cornetto gelato con un bollino gigante “latte 100% italiano”. Impensabile fino a vent’anni fa.
È frutto di una sensibilizzazione e di un’attività politica importante: oggi i consumatori quando acquistano un prodotto agroalimentare controllano da dove viene. La stessa attività va sviluppata anche sui prodotti florovivaistici. Perché dietro piante e fiori ci sono tanti meccanismi: c’è la sostenibilità ambientale, compresi i fitosanitari utilizzati in alcuni paesi e vietati in Italia; c’è la sostenibilità sociale, cioè lo sfruttamento della manodopera e le condizioni dei lavoratori non tutelate che incidono sulla riduzione dei costi di produzione e consentono di attuare politiche di concorrenza sui prezzi.
Un’ultima domanda: spesso il verde italiano transita dalle aste olandesi per poi ritornare nel nostro paese; fenomeni che incidono sull’import/export. Avete trovato difficoltà ad analizzare il mercato olandese?
Riccardo Fargione: L’Olanda, con i suoi porti rilevanti, è una questione particolare, anche in termini di monitoraggio dei dati. Il porto di Rotterdam è la porta d’ingresso in Europa di molti prodotti extra europei e quindi è chiaro che in questo caso si vanno un po’ a sfalsare le dinamiche concorrenziali europee. Anche con triangolazioni e con spedizioni da paesi africani che rimbalzano sul porto di Rotterdam per poi arrivare nei paesi europei. La situazione è molto delicata ed è evidentemente frutto di una struttura logistica che porta oggi l’Olanda a essere un trader importante sul fronte del florovivaismo e a influenzare tutte le dinamiche internazionali.
Coldiretti: l’importanza di una Consulta Nazionale per il florovivaismo
Come è nata l’idea di realizzare un Rapporto sul Florovivaismo?
Nada Forbici: Se non hai dati, non fai politica. E siccome gli ultimi risalgono a dieci o vent’anni fa, abbiamo sentito la forte necessità di avere informazioni aggiornate sullo stato di salute del florovivaismo italiano. Con Divulga abbiamo trovato dati abissalmente discrepanti tra Ismea e Istat: dati falsati che rendono poi difficile spiegare alla politica che il settore non sta andando bene.
Dieci anni fa, il 20 novembre 2015, in qualità di presidente di Assofloro Lombardia hai riunito tutte le associazioni del settore da Flormercati intorno al documento “Il Verde Che Fa Bene Al Paese” con 3 proposte concrete. Una di queste era il Bonus Verde. È incredibile la mole di lavoro che avete sviluppato in questi anni, fino ad arrivare ad Assofloro nazionale e alla Consulta del Florovivaismo di Coldiretti. Possiamo tracciare un bilancio?
Nada Forbici: Siamo partiti dall’idea di aggregare tutte le associazioni intorno a tre obiettivi e li abbiamo tutti raggiunti. A un certo punto la parola “Lombardia” ci andava stretta e abbiamo deciso di trasformare Assofloro in un’organizzazione nazionale. Siamo andati avanti, il tempo ci ha dato ragione e con costanza e determinazione siamo riusciti a difendere il comparto anche durante il Covid quando molte associazioni sono sparite. Determinante in questo percorso è stato il rapporto con Coldiretti.
La legge sul florovivaismo ipotizza un tavolo di lavoro nazionale e sarà difficile rappresentare un mondo associativo così frammentato e differente, dal giardiniere all’architetto del verde, dal vivaista al centro giardinaggio. Nada Forbici: Auspichiamo che con l’approvazione di questa legge vengano definite le caratteristiche che devono avere, in termini di rappresentatività, i vari soggetti che partecipano ai tavoli istituzionali e, di conseguenza, le modalità di convocazione e di organizzazione dei lavori. Troppo spesso abbiamo visto la partecipazione di associazioni che non arrivano a rappresentare 15 aziende, non di rado hanno partecipato a tavoli di lavoro ministeriali anche singole aziende. È evidente che in entrambi i casi viene meno il principio di rappresentatività di interessi e necessità comuni anche perché manca la conoscenza e la visione di ciò che accade a livello nazionale e comunitario.
La forza di Assofloro è di avere soci in tutta Italia, anche di vari settori, che ci continuano a sollecitare rispetto alle loro problematiche. Problemi che cambiano molto da regione a regione e addirittura da provincia a provincia rispetto a certe questioni. La forza di un’associazione nazionale è proprio questa: le richieste della base ci alimentano e ci spingono anche a esporci a 360° rispetto a tutti i problemi che di volta in volta si presentano.
Il “florovivaismo” è un universo di professionalità e quindi di problematiche…
Nada Forbici: Una mole di attività infinita e con diversità pazzesche. Perché c’è una differenza abissale tra un piccolo vivaista e un floricoltore. Senza poi entrare nel mondo dei manutentori, dei progettisti, dei garden center, dei fioristi, ecc. Però fanno parte tutti del settore florovivaistico: è quindi importante riunire tutti e sapere un po’ di tutto.
Molte associazioni di settore hanno capito l’mportanza di avvicinarsi ad Assofloro. Hanno capito che l’unione fa la forza quando si affrontano problematiche di tipo politico e istituzionale. Ma anche Assofloro ha bisogno delle altre associazioni per ampliare le sue conoscenze e competenze: si tratta di unire le forze e di capire la necessità mutua che abbiamo. Benissimo i leaderismi locali o del proprio comparto, ma se vogliamo alzare il tiro, più siamo uniti e più valiamo.
Di fondo ci deve anche essere coerenza, intesa come allineamento tra le azioni, i valori e gli obiettivi che si vogliono raggiungere.
Con questa frase attirerai delle antipatie, lo sai?
Nada Forbici: Possiamo davvero creare qualcosa di forte, come gli olandesi e i grandi paesi del nord Europa: dove i produttori dettano linee guida al governo. Talvolta gli stessi governi preferiscono che le persone non siano unite e forti: nel caos decidono quello che vogliono. Lavoriamo con intelligenza, concretezza e coerenza: non pestiamo i piedi a nessuno, al massimo sproniamo. Tra gli obiettivi di un’associazione c’è anche quello di far crescere il settore: e come fai a far crescere le aziende se non le sproni?
A questo proposito possiamo ricordare alcuni progetti a cui avete lavorato, come la legge per il riconoscimento della figura del manutentore del verde e il recente intervento in Europa in difesa dei vasi da coltivazione…
Nada Forbici: L’aspetto vincente di Assofloro è la coerenza: oggi molti ci riconoscono come un soggetto autorevole tra le associazioni private che sta lavorando per il bene di tutto il settore.
Il Covid ha ammazzato le associazioni. Non dimentichiamoci che parliamo di un’attività su base volontaria: tutti siamo imprenditori e non siamo stipendiati dalle associazioni. Quindi alla fine, quando c’è la necessità di dover lavorare, cosa lasci indietro? Ovviamente l’associazione. Il male delle associazioni italiane è la mancanza di finanziamenti e un evento tragico come il Covid ha fatto emergere il problema.
Anche durante il Covid, Assofloro è stata molto impegnata…
Nada Forbici: Un periodo difficilissimo. È lì che è nata l’idea della Consulta Nazionale del Florovivaismo di Coldiretti: Ettore Prandini (presidente di Coldiretti – ndr) ha portato i dati del florovivaismo al ministro Bellanova (il ministro dell’agricoltura di allora – ndr) per dichiarare lo “stato di emergenza del settore” consentendo così la sospensione dei contributi e tutte le altre misure. La stessa Assofloro non aveva la forza di arrivare al presidente del consiglio per riaprire i negozi di piante e fiori: ci è riuscita grazie all’interlocuzione diretta di Coldiretti. Il Covid è stato uno spartiacque per le associazioni: ha messo a dura prova il nostro settore e Assofloro ha dato una forte dimostrazione di difesa del comparto.
Ci parli del lavoro che la Consulta Nazionale Florovivaismo Coldiretti ha avviato per dare una rappresentativa nazionale a tutto il mondo florovivaistico?
Nada Forbici: Coldiretti sta investendo sul florovivaismo. Siamo partiti da zero e abbiamo sviluppato un lavoro intensissimo di relazioni, che ci hanno portato oggi ad avere 17 Consulte regionali con una importante rappresentanza. La Consulta Nazionale ha dato i suoi frutti, ma c’era la necessità di dare voce ai territori. Il vivaismo siciliano non è uguale a quello della Lombardia. Così come il vivaismo orticolo è diverso da quello frutticolo, olivicolo o viticolo. E poi la floricoltura, le piante in vaso, il reciso, i manutentori, gli arboricoltori…
Abbiamo appena terminato i lavori, durati un anno, con il Ministero del Lavoro e Inail per l’aggiornamento delle linee guida per il lavoro in quota su fune su alberi. Il documento da cui si è partiti è stato elaborato dai principali enti di formazione in Italia nel campo dell’arboricoltura, coordinati dall’Associazione Arboricoltori (socia di Assofloro) e con il supporto di Assofloro e Coldiretti. Un grande lavoro di squadra che ha portato all’elaborazione di un documento tecnico fondamentale per chi opera sugli alberi.
All’interno di Assofloro ospitate poi anche altre associazioni…
Nada Forbici: Assofloro Lombardia riuniva principalmente produttori; ad Assofloro invece si sono avvicinate le associazioni nazionali di arboricoltura (Sia e Aa) e dei giardinieri (Aipv), riconoscendo la capacità di lavorare per il settore a livello politico. In Assofloro le associazioni dei diversi comparti imparano a conoscersi, a dialogare e a confrontarsi. Perché se è vero che tra un arboricoltore, un vivaista e un giardiniere ci sono delle differenze è altrettanto vero che ci sono molti punti in comune e molti aspetti sui quali lavorare insieme. Ad esempio, quello del riconoscimento delle professionalità, della formazione, della sicurezza sul lavoro.
Un’ultima domanda sulla legge sul florovivaismo, recentemente delegata al ministero dell’agricoltura. Cosa ne pensi?
Nada Forbici: L’impostazione è buona, l’articolato è stato ampiamente analizzato e con la legge Molinari eravamo ormai arrivati alle ultime battute. Ora i punti del Ddl vanno messi a terra attraverso i decreti attuativi. E andranno scritti con attenzione se vogliamo effettivamente che i buoni propositi contenuti nella legge diventino realtà per il settore.
Quali sono i punti “cardine”?
Nada Forbici: Sicuramente determina l’importanza e dà visibilità al settore. Inoltre va a creare anche delle figure professionali messe in campo nell’ambito del florovivaismo. Una esigenza di cui il settore non può più fare a meno: penso ai manutentori del verde, agli arboricoltori ma anche ai centri giardinaggio. Tante figure che oggi non hanno un riconoscimento giuridico nazionale e che domani l’avranno. I centri giardinaggio per la prima volta verranno citati in un testo di legge: finalmente c’è un riconoscimento nazionale, ma che di fatto dà anche un significato a cosa è il centro giardinaggio.
Anche l’inquadramento di tavolo tecnico del settore è un elemento cardine. Perché il piano di settore esce dal tavolo tecnico del Ministero e senza un piano di settore come fai a sviluppare politiche a favore delle imprese? Al tavolo tecnico ci dovranno essere rappresentanze nazionali. Non dimentichiamo poi la necessità di risorse economiche per il settore: per la ricerca a supporto delle aziende e delle produzioni, per la promozione, per le analisi di mercato. Tutte azioni importanti e necessarie, che il settore aspetta da anni.
Il florovivaismo in europa
Il settore florovivaistico in Unione europea, secondo le proiezioni Eurostat, nel 2024 ha raggiunto un valore di 24,5 miliardi di euro (+ 1% rispetto al 2023), con l’Italia che contribuisce per poco meno di 3,3 miliardi, posizionandosi al terzo posto dietro Paesi Bassi e Spagna.
Come è successo in l’Italia, anche l’Unione Europea negli ultimi 10 anni ha visto una contrazione dei volumi prodotti: -12,3% per l’Ue-27 e -6,1% per l’Italia. Fa eccezione la Spagna che invece ha aumentato i volumi di produzione del 32,4% rispetto al 2015. Aumenta il giro d’affari (+23,3% per l’Ue-27 e +30,8% per l’Italia) spinto principalmente dal rialzo dei prezzi di vendita: +40,5% per l’Ue e +39,4% per l’Italia.