Intervista ai promotori del 1° Rapporto sul Florovivaismo italiano

Per la prima volta il florovivaismo italiano viene fotografato in modo chiaro e il quadro che ne esce è ricco di ombre. Ne abbiamo parlato con Nada Forbici, coordinatrice della Consulta Nazionale Florovivaismo Coldiretti che ha promosso il 1° Rapporto sul Florovivaismo, e Riccardo Fargione, coordinatore del Centro Studi Divulga, che ne ha curato la ricerca.

Il 19 febbraio è stato presentato il 1° Rapporto sul Florovivaismo (scaricabile a questo link), promosso da Assofloro, Coldiretti e Myplant & Gar­den e curato dal Centro Studi Divulga e dall’Istitu­to Ixè. Uno studio unico che fa luce sul mondo florovivaistico europeo e italiano in particolare, poiché affianca ai dati economici una ricerca qualitativa a un campione di produttori per ap­profondire il “sentito” delle aziende. Perché a volte, come in questo caso, i “numeri” non resti­tuiscono la vera fotografia del paese.

Un momento del convegno di presentazione del 1° Rapporto sul Florovivaismo svoltosi il 19 febbraio all’interno di Myplant & Garden di Milano. Da sinistra: Ettore Prandini (presidente di Coldiretti), Nada Forbici (presidente di Assofloro e coordinatore della Consulta Nazionale Florovivaismo di Coldiretti), Mario Faro (presidente della Consulta Nazionale Florovivaismo di Coldiretti), Lorenzo Bazzana (moderatore dell’incontro), Riccardo Fargione (coordinatore del Centro Studi Divulga) e Valeria Randazzo (exhibition manager di Myplant & Garden).

Sale il fatturato, ma la redditività?

La produzione florovivaistica italiana ha rag­giunto nel 2024 un valore di circa 3,254 miliardi di euro, con un incremento del +3,5% rispetto al 2023 e del +30,8% rispetto a dieci anni fa, nel 2015. Eccezion fatta per la flessione del 2020 pandemico, il giro d’affari è sempre cre­sciuto nell’ultimo decennio e i 3,254 miliardi di euro del 2024 rappresentano un record e attri­buiscono al florovivaismo il 5,3% del Pil dell’a­gricoltura italiana.

Tutto bene quindi? Non esattamente. Negli ul­timi dieci anni, come detto, il giro d’affari è au­mentato del +30,8%, ma i volumi di produzione sono diminuiti del -6,1% mentre i prezzi sono au­mentati del +39,36%. Quindi il record di fatturato è trainato quasi esclusivamente dall’aumento dei costi di produzione, mentre i florovivaisti italiani si ritrovano spesso più poveri di prima.

Fino alla pandemia i volumi di produzione sono stati costanti, con un aumento quinquenna­le 2015/2019 del +1,35%. Il Covid del 2020 ha avuto un effetto disastroso sulla produzione florovivaistica che si è tradotto in un calo im­portante. Le conseguenze del Covid e il se­guente conflitto in Ucraina hanno provocato un enorme aumento dei costi di produzione e negli ultimi cinque anni non siamo più tornati ai volumi di produzione pre-Covid.

Il calo della produzione dell’ultimo quinquennio è an­che figlio della chiusura di molte imprese. Secondo i dati dell’ultimo censimento, dal 2010 al 2020 ab­biamo perso circa 5.000 imprese: 1.488 vivaisti e 3.507 floricoltori specializzati nei fiori recisi e nelle piante ornamentali. Negli ultimi dieci anni la superficie dedicata al florovivaismo in Italia ha registrato una contrazione del 20%, passando da 37.000 a 29.780 ettari nel 2023. Il calo mag­giore del numero di imprese (-22,4%) rispetto alle superfici (-20%), indica un fenomeno di con­centrazione e consolidamento della produzione.

Resta il fatto che solo il 36% dei florovivaisti italiani giudica positivamente l’andamento del settore, men­tre il 44% lo valuta poco positivo e il 9% addirittura negativo. Lo spiega l’indagine campionaria svolta dall’Istituto Ixè allegata al Rapporto Florovivaismo 2025. E i problemi principali sono legati al red­dito inadeguato (per il 61% degli intervistati) e all’aumento dei costi energetici (45%). Incido­no anche le importazioni dall’estero (+31,39% nel 2024), spesso di prodotti di dubbia qualità ma basso costo: la maggior parte dei florovivaisti (83,7%) ritiene necessario valorizzare i prodotti ita­liani per accrescere la domanda.
In questo contesto si evidenzia ancora di più la lentezza della politica. C’era un disegno di legge avviato nel 2019 e approvato in prima lettura dalla Camera dei Deputati il 4 novembre 2020. Col voto del Senato sarebbe arrivato in tempo per la crisi del 2020. Invece sono seguiti tre anni di silenzio finché il 7 giugno 2023 l’attuale Ministro dell’Agri­coltura ha annunciato di voler riprendere il per­corso della legge delega sul florovivaismo, che però ha iniziato il suo nuovo iter un anno dopo. Sta per passare un altro anno e ancora si devo­no vedere i decreti attuativi: quel che è certo è la scomparsa del Tavolo sul Florovivaismo, l’unico momento di confronto a livello nazionale tra il settore e le istituzioni, attivo prima del Covid ma che da allora non è più stato riunito.

Per analizzare i risultati della ricerca abbiamo incontrato Riccardo Fargione, coordinatore del Centro Studi Divulga e responsabile del 1° Rappor­to sul Florovivaismo e Nada Forbici, presidente di Assofloro e coordinatore della Consulta Nazionale Florovivaismo di Coldiretti.

1° Rapporto sul Florovivaismo
1° Rapporto sul Florovivaismo
Il trend dell’indice Ismea dei prezzi dei mezzi di produzione evidenzia un importante aumento dei costi, non completamente riassorbiti dai florovivaisti nonostante il riposizionamento di mercato di molte produzioni. Le voci di spesa che hanno colpito maggiormente le aziende florovivaistiche sono quelle relative ai prodotti energetici e ai fertilizzanti, che hanno visto una crescita consistente a causa del conflitto tra Russia e Ucraina: l’incremento medio annuale registrato oggi rispetto al 2020 si aggira rispettivamente a +83% per i primi e +45% per i secondi. In secondo piano, ma non meno rilevante, l’aumento dei costi di sementi e piantine (+29% dal 2020 al 2024).

Divulga: come è nato il 1° Rapporto sul Florovivaismo

Quali difficoltà avete incontrato nella realizza­zione del 1° Rapporto sul Florovivaismo?

Riccardo Fargione: È un settore caratterizzato da un lato da una penuria di dati e dall’altro da una certa disomogeneità per diversi aspetti. Per esempio il tema della tassonomia e della classificazione. Essendo un settore che abbraccia diverse pro­duzioni, uno degli elementi più complessi è stato proprio l’aggregazione dei singoli prodotti all’in­terno di macro categorie. Un problema incontrato in modo particolare nei confronti tra i dati a livello italiano, europeo e internazionale. Le fonti stati­stiche di rilevazione sono diverse e all’estero usa­no metodi differenti. Già questo aspetto evidenzia l’importanza di offrire dati uniformi per rilevare in modo puntuale la fotografia di un settore.

Il Rapporto è stato arricchito con una ricerca qualitativa: perché?

Riccardo Fargione: Abbiamo integrato i “dati” con un’indagine campionaria, che ha coinvolto diver­se centinaia di imprese, per evidenziare anche la percezione delle imprese. Il contatto diretto e le loro impressioni sul settore hanno evidenziato – come molto spesso abbiamo avuto modo di veri­ficare – come l’andamento economico spesso si scontri con il percepito reale del settore. Il settore cresce in termini di valore ma sconta delle difficoltà notevoli su diversi fronti: anzitutto il tema dei costi di produzione. Pensiamo al ruolo che la guerra ha avuto anche in termini di rincari dei fattori di produzione energetici e materie prime di varia natura. La nostra rilevazione, che è andata a inte­grare fonti statistiche primarie e secondarie, ha avuto l’obiettivo di completare il quadro e realizzare una fotografia più puntuale del settore.

Voi analizzate anche altri mercati agricoli: che idea vi siete fatti del florovivaismo?

Riccardo Fargione: È un settore centrale per il no­stro paese: sta crescendo ma ovviamente vive delle difficoltà di varia natura. Una su tutte penso alle importazioni di prodotto dall’estero che non ri­spetta i nostri stessi standard produttivi e di qualità. Non è ovviamente una chiusura rispetto a dei flussi commerciali internazionali, che sono au­spicati e auspicabili. Ma è evidente la necessità di regole comuni e condivise per evitare vi siano barriere tariffarie quando andiamo a esportare i prodotti italiani, mentre nelle importazioni tro­viamo prodotti di varia natura che generano con­correnza sleale al tessuto produttivo nazionale. Questo può essere superato attraverso dei meccani­smi di reciprocità: quello che è richiesto nei confini europei e italiani dovrebbe essere rispettato anche per le importazioni extra Ue.

Come giustificate il forte calo della produzione italiana?

Riccardo Fargione: È frutto di una serie di proble­matiche che il settore ha vissuto in questi anni. Il settore florovivaistico è stato il più colpito, insieme al vitivinicolo, dal Covid. Ma mentre nell’agroali­mentare le imprese hanno “tenuto” nei due anni tra lockdown e post-lockdown, nonostante il calo del canale Horeca, nel florovivaismo c’è stato un crollo totale nel 2020. La pandemia e lo scoppio della guerra in Ucraina hanno prodotto una serie di incrementi dei costi di produzione che molte aziende purtroppo non sono riuscite a fronteggia­re. Tutto il mercato agroalimentare ha vissuto quattro anni di turbolenze, ma il settore florovivaistico secondo me è tra i più colpiti da questi fenomeni internazionali.

L’83,7% dei florovivaisti intervistati ritiene ne­cessaria una maggiore valorizzazione della pro­duzione italiana…

Riccardo Fargione: Quando parliamo di produzioni italiane andiamo sul massimo della qualità e della sostenibilità, mentre quando importiamo non pren­diamo in considerazione gli stessi parametri. Il prin­cipio di reciprocità di cui parlavo: è figlio di un sistema non allineato in termini di reciprocità nelle azioni commerciali. Pensiamo al lavoro svolto dai produttori italiani dell’agroalimen­tare sulla valorizzazione della provenienza del prodotto. La battaglia dell’etichettatura d’origine, obbligatoria sui prodotti agroalimentari, ci ha por­tato oggi a vedere in tv la pubblicità di un cornetto gelato con un bollino gigante “latte 100% italiano”. Impensabile fino a vent’anni fa.
È frutto di una sensibilizzazione e di un’attività politica importante: oggi i consumatori quando acquistano un prodotto agroalimentare control­lano da dove viene. La stessa attività va sviluppa­ta anche sui prodotti florovivaistici. Perché dietro piante e fiori ci sono tanti meccanismi: c’è la sostenibilità ambientale, compresi i fitosanitari utilizzati in alcuni paesi e vietati in Italia; c’è la sostenibilità sociale, cioè lo sfruttamento della manodopera e le condizioni dei lavoratori non tutelate che incidono sulla riduzione dei costi di produzione e consentono di attuare politiche di concorrenza sui prezzi.

Un’ultima domanda: spesso il verde italiano transita dalle aste olandesi per poi ritornare nel nostro paese; fenomeni che incidono sull’im­port/export. Avete trovato difficoltà ad analiz­zare il mercato olandese?

Riccardo Fargione: L’Olanda, con i suoi porti ri­levanti, è una questione particolare, anche in termini di monitoraggio dei dati. Il porto di Rot­terdam è la porta d’ingresso in Europa di molti prodotti extra europei e quindi è chiaro che in questo caso si vanno un po’ a sfalsare le dina­miche concorrenziali europee. Anche con trian­golazioni e con spedizioni da paesi africani che rimbalzano sul porto di Rotterdam per poi arri­vare nei paesi europei. La situazione è molto delicata ed è evidentemente frutto di una strut­tura logistica che porta oggi l’Olanda a essere un trader importante sul fronte del florovivaismo e a influenzare tutte le dinamiche internazionali.

Coldiretti: l’importanza di una Consulta Nazionale per il florovivaismo

Come è nata l’idea di realizzare un Rapporto sul Florovivaismo?

Nada Forbici: Se non hai dati, non fai politica. E siccome gli ultimi risalgono a dieci o vent’anni fa, abbiamo sentito la forte necessità di avere infor­mazioni aggiornate sullo stato di salute del flo­rovivaismo italiano. Con Divulga abbiamo trovato dati abissalmente discrepanti tra Ismea e Istat: dati falsati che rendono poi difficile spiegare alla politica che il settore non sta andando bene.

Dieci anni fa, il 20 novembre 2015, in qualità di presidente di Assofloro Lombardia hai riunito tutte le associazioni del settore da Flormercati intorno al documento “Il Verde Che Fa Bene Al Paese” con 3 proposte concrete. Una di queste era il Bonus Verde. È incredibile la mole di la­voro che avete sviluppato in questi anni, fino ad arrivare ad Assofloro nazionale e alla Con­sulta del Florovivaismo di Coldiretti. Possiamo tracciare un bilancio?

Nada Forbici: Siamo partiti dall’idea di aggregare tutte le associazioni intorno a tre obiettivi e li ab­biamo tutti raggiunti. A un certo punto la parola “Lombardia” ci andava stretta e abbiamo deciso di trasformare Assofloro in un’organizzazione na­zionale. Siamo andati avanti, il tempo ci ha dato ragione e con costanza e determinazione siamo riusciti a difendere il comparto anche durante il Covid quando molte associazioni sono sparite. Determinante in questo percorso è stato il rap­porto con Coldiretti.

La legge sul florovivaismo ipotizza un tavolo di lavoro nazionale e sarà difficile rappresen­tare un mondo associativo così frammentato e differente, dal giardiniere all’architetto del verde, dal vivaista al centro giardinaggio. Nada Forbici: Auspichiamo che con l’approva­zione di questa legge vengano definite le ca­ratteristiche che devono avere, in termini di rappresentatività, i vari soggetti che parteci­pano ai tavoli istituzionali e, di conseguenza, le modalità di convocazione e di organizzazione dei lavori. Troppo spesso abbiamo visto la par­tecipazione di associazioni che non arrivano a rappresentare 15 aziende, non di rado hanno partecipato a tavoli di lavoro ministeriali anche singole aziende. È evidente che in entrambi i casi viene meno il principio di rappresentati­vità di interessi e necessità comuni anche per­ché manca la conoscenza e la visione di ciò che accade a livello nazionale e comunitario.
La forza di Assofloro è di avere soci in tutta Italia, anche di vari settori, che ci continuano a solle­citare rispetto alle loro problematiche. Problemi che cambiano molto da regione a regione e ad­dirittura da provincia a provincia rispetto a cer­te questioni. La forza di un’associazione nazio­nale è proprio questa: le richieste della base ci alimentano e ci spingono anche a esporci a 360° rispetto a tutti i problemi che di volta in volta si presentano.

Il “florovivaismo” è un universo di professionali­tà e quindi di problematiche…

Nada Forbici: Una mole di attività infinita e con diversità pazzesche. Perché c’è una differenza abissale tra un piccolo vivaista e un floricoltore. Senza poi entrare nel mondo dei manutentori, dei progettisti, dei garden center, dei fioristi, ecc. Però fanno parte tutti del settore florovi­vaistico: è quindi importante riunire tutti e sa­pere un po’ di tutto.
Molte associazioni di settore hanno capito l’m­portanza di avvicinarsi ad Assofloro. Hanno capi­to che l’unione fa la forza quando si affrontano problematiche di tipo politico e istituzionale. Ma anche Assofloro ha bisogno delle altre associazioni per ampliare le sue conoscenze e competenze: si tratta di unire le forze e di capire la necessità mutua che abbiamo. Benissimo i leaderismi locali o del proprio comparto, ma se vogliamo alzare il tiro, più siamo uniti e più valiamo.
Di fondo ci deve anche essere coerenza, inte­sa come allineamento tra le azioni, i valori e gli obiettivi che si vogliono raggiungere.

Con questa frase attirerai delle antipatie, lo sai?

Nada Forbici: Possiamo davvero creare qualcosa di forte, come gli olandesi e i grandi paesi del nord Europa: dove i produttori dettano linee guida al governo. Talvolta gli stessi governi pre­feriscono che le persone non siano unite e forti: nel caos decidono quello che vogliono. Lavoria­mo con intelligenza, concretezza e coerenza: non pestiamo i piedi a nessuno, al massimo sproniamo. Tra gli obiettivi di un’associazione c’è anche quello di far crescere il settore: e come fai a far crescere le aziende se non le sproni?

A questo proposito possiamo ricordare alcuni progetti a cui avete lavorato, come la legge per il riconoscimento della figura del manutentore del verde e il recente intervento in Europa in di­fesa dei vasi da coltivazione…

Nada Forbici: L’aspetto vincente di Assofloro è la coerenza: oggi molti ci riconoscono come un soggetto autorevole tra le associazioni private che sta lavorando per il bene di tutto il settore.
Il Covid ha ammazzato le associazioni. Non di­mentichiamoci che parliamo di un’attività su base volontaria: tutti siamo imprenditori e non siamo stipendiati dalle associazioni. Quindi alla fine, quando c’è la necessità di dover lavorare, cosa lasci indietro? Ovviamente l’associazione. Il male delle associazioni italiane è la mancanza di finanziamenti e un evento tragico come il Covid ha fatto emergere il problema.

Anche durante il Covid, Assofloro è stata molto impegnata…

Nada Forbici: Un periodo difficilissimo. È lì che è nata l’idea della Consulta Nazionale del Florovivai­smo di Coldiretti: Ettore Prandini (presidente di Col­diretti ndr) ha portato i dati del florovivaismo al ministro Bellanova (il ministro dell’agricoltura di allora – ndr) per dichiarare lo “stato di emergen­za del settore” consentendo così la sospensione dei contributi e tutte le altre misure. La stessa Assofloro non aveva la forza di arrivare al presi­dente del consiglio per riaprire i negozi di pian­te e fiori: ci è riuscita grazie all’interlocuzione diretta di Coldiretti. Il Covid è stato uno spartiac­que per le associazioni: ha messo a dura prova il nostro settore e Assofloro ha dato una forte dimostrazione di difesa del comparto.

Ci parli del lavoro che la Consulta Nazionale Florovivaismo Coldiretti ha avviato per dare una rappresentativa nazionale a tutto il mondo florovivaistico?

Nada Forbici: Coldiretti sta investendo sul florovivai­smo. Siamo partiti da zero e abbiamo sviluppato un lavoro intensissimo di relazioni, che ci hanno portato oggi ad avere 17 Consulte regionali con una importante rappresentanza. La Consulta Naziona­le ha dato i suoi frutti, ma c’era la necessità di dare voce ai territori. Il vivaismo siciliano non è uguale a quello della Lombardia. Così come il vivaismo orticolo è diverso da quello frutticolo, olivicolo o viticolo. E poi la floricoltura, le piante in vaso, il reciso, i manutentori, gli arboricoltori…
Abbiamo appena terminato i lavori, durati un anno, con il Ministero del Lavoro e Inail per l’ag­giornamento delle linee guida per il lavoro in quota su fune su alberi. Il documento da cui si è partiti è stato elaborato dai principali enti di formazione in Italia nel campo dell’arboricoltura, coordinati dall’Associazione Arboricoltori (socia di Assofloro) e con il supporto di Assofloro e Coldiretti. Un grande lavoro di squadra che ha portato all’e­laborazione di un documento tecnico fondamen­tale per chi opera sugli alberi.

All’interno di Assofloro ospitate poi anche altre associazioni…

Nada Forbici: Assofloro Lombardia riuniva prin­cipalmente produttori; ad Assofloro invece si sono avvicinate le associazioni nazionali di arboricoltura (Sia e Aa) e dei giardinieri (Aipv), riconoscendo la capacità di lavorare per il settore a livello politico. In Assofloro le asso­ciazioni dei diversi comparti imparano a co­noscersi, a dialogare e a confrontarsi. Perché se è vero che tra un arboricoltore, un vivai­sta e un giardiniere ci sono delle differenze è altrettanto vero che ci sono molti punti in comune e molti aspetti sui quali lavorare in­sieme. Ad esempio, quello del riconoscimento delle professionalità, della formazione, della sicurezza sul lavoro.

Un’ultima domanda sulla legge sul florovi­vaismo, recentemente delegata al ministero dell’agricoltura. Cosa ne pensi?

Nada Forbici: L’impostazione è buona, l’articola­to è stato ampiamente analizzato e con la legge Molinari eravamo ormai arrivati alle ultime battute. Ora i punti del Ddl vanno messi a ter­ra attraverso i decreti attuativi. E andranno scritti con attenzione se vogliamo effettiva­mente che i buoni propositi contenuti nella legge diventino realtà per il settore.

Quali sono i punti “cardine”?

Nada Forbici: Sicuramente determina l’impor­tanza e dà visibilità al settore. Inoltre va a cre­are anche delle figure professionali messe in campo nell’ambito del florovivaismo. Una esi­genza di cui il settore non può più fare a meno: penso ai manutentori del verde, agli arbori­coltori ma anche ai centri giardinaggio. Tante figure che oggi non hanno un riconoscimento giuridico nazionale e che domani l’avranno. I centri giardinaggio per la prima volta verranno ci­tati in un testo di legge: finalmente c’è un ricono­scimento nazionale, ma che di fatto dà anche un significato a cosa è il centro giardinaggio.
Anche l’inquadramento di tavolo tecnico del settore è un elemento cardine. Perché il piano di settore esce dal tavolo tecnico del Ministero e senza un piano di settore come fai a sviluppare politiche a favore delle im­prese? Al tavolo tecnico ci dovranno essere rappresentanze nazionali. Non dimentichia­mo poi la necessità di risorse economiche per il settore: per la ricerca a supporto delle aziende e delle produzioni, per la promozione, per le analisi di mercato. Tutte azioni importanti e necessarie, che il settore aspetta da anni.

Il florovivaismo in europa

Il settore florovivaistico in Unione europea, secondo le proiezioni Eurostat, nel 2024 ha raggiunto un valore di 24,5 miliardi di euro (+ 1% rispetto al 2023), con l’Italia che contribuisce per poco meno di 3,3 miliardi, posizionandosi al terzo posto dietro Paesi Bassi e Spagna.
Come è successo in l’Italia, anche l’Unione Europea negli ultimi 10 anni ha vi­sto una contrazione dei volumi prodotti: -12,3% per l’Ue-27 e -6,1% per l’Italia. Fa eccezione la Spagna che invece ha aumentato i volumi di produzione del 32,4% rispetto al 2015. Aumenta il giro d’affari (+23,3% per l’Ue-27 e +30,8% per l’Italia) spinto principalmente dal rialzo dei prezzi di vendita: +40,5% per l’Ue e +39,4% per l’Italia.

www.divulgastudi.it
www.assofloro.it
www.assofloromagazine.it

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