È questo l’obiettivo che si è posta di raggiungere Floramiata. Abbiamo visitato l’azienda durante l’audit ispettivo di Mps, il marchio internazionale che certifica la sostenibilità (e non solo) nel mercato florovivaistico. Ne abbiamo parlato con Roberto Leo di Floramiata e Antonio Fracassi di Mps.
La sostenibilità e una gestione consapevole nell’impiego delle risorse naturali sono un tema attuale già da almeno dieci anni, ma saranno determinanti in futuro. L’esigenza di ridurre le emissioni di CO2 e la maggiore consapevolezza dell’urgenza di contenere il riscaldamento globale stanno già inducendo molti consumatori a selezionare i propri acquisti in base all’impatto sull’ambiente. Pensiamo per esempio a quanto velocemente si è imposto il fenomeno del “km zero” nel mercato dei prodotti agroalimentari.
Anche nel mercato del florovivaismo, pur con qualche ritardo in Italia, è un tema sempre più attenzionato anche dai buyer dei negozi specializzati, come centri giardinaggio, fioristi, diy store, ecc.
In questo contesto ci sembra significativa l’esperienza di Floramiata che ha certificato con Mps la propria sostenibilità ambientale e si è posta l’obiettivo di diventare la prima azienda florovivaistica italiana carbon free.
Il caso unico di Floramiata
Va detto che la storia di Floramiata è un caso unico nel florovivaismo italiano e forse europeo. È stata fondata a metà degli anni Settanta con il duplice obiettivo di ricollocare gli ex minatori dei giacimenti del Monte Amiata e di sfruttare il vapore geotermico della zona, altrimenti disperso. Nacque così uno dei poli produttivi più importanti in Toscana, che oggi produce 3 milioni di piante su una superficie totale di 127 ettari, di cui 270.000 mq in serra, con oltre 100 dipendenti.
Grazie all’energia geotermica, Floramiata è nata quindi, già nel secolo scorso, predestinata a diventare carbon free.
L’impegno per la sostenibilità non si ferma però all’energia ma coinvolge tutto il processo produttivo, al punto che Floramiata è certificata Mps-Abc per il proprio impegno nella gestione sostenibile. Quindi misura e registra sistematicamente l’uso di prodotti chimici, acqua, energia e produzione di rifiuti adottando un programma di difesa fitosanitaria integrata per limitarne in modo razionale gli impieghi, così come misura e certifica i consumi idrici con un risparmio del 50% grazie all’uso di irrigatori a goccia anziché ad aspersione. Non solo: Floramiata è certificata anche Mps-Gap (per le buone prassi in agricoltura) e Grasp (per le buone prassi nella responsabilità etico-sociale).
Per saperne di più abbiamo incontrato Roberto Leo, nuovo Ceo di Floramiata, insieme ad Antonio Fracassi, coordinatore di Mps per l’Italia e la Grecia.
Floramiata ha scelto la sostenibilità certificata
GreenRetail: Cosa vi ha spinto a certificare con Mps il vostro impegno per la sostenibilità?
Roberto Leo: Siamo impegnati in un continuo miglioramento, sia nei processi interni, sia in quelli esterni. Affrontiamo la certificazione Mps con la massima consapevolezza e pensiamo sia un vero aiuto per migliorare l’azienda, che già oggi ha raggiunto livelli importanti di attenzione su tutti i parametri che stiamo considerando. È un continuo stimolo a fare sempre meglio per allinearci a quelli che sono gli standard europei: tra i nostri obiettivi c’è quello di incrementare la parte di business che abbiamo all’estero. Perciò la certificazione Mps è un elemento determinante che ci aiuta a presentarci nel modo più completo possibile.
GreenRetail: I buyer internazionali richiedono la certificazione Mps?
Roberto Leo: In alcuni casi c’è una richiesta esplicita ma in generale la certificazione Mps è un biglietto da visita importante. Una differenziazione che è sempre meglio avere, perché vieni subito riconosciuto come un produttore di un certo tipo e spesso è determinante per aver accesso a certi clienti. Senza certificazione non puoi sviluppare business all’estero.
GreenRetail: Anche in Italia c’è la stessa percezione del marchio Mps?
Roberto Leo: In Italia è un po’ meno sentita. Almeno per la tipologia di clienti che abbiamo noi. Ma credo si stia diffondendo molto rapidamente Siamo sempre un po’ dietro rispetto all’Europa, ma c’è un trend sicuramente di crescita nella richiesta e nella percezione.
GreenRetail: Che difficoltà ha comportato approcciare la certificazione Mps?
Roberto Leo: Noi prestavamo già attenzione ad alcuni parametri e con Mps è diventata un’attività costante. L’impatto è più organizzativo, ma una volta acquisito il metodo all’interno dell’azienda, diventa uno standard. C’è uno sforzo iniziale che sicuramente va fatto, ma una volta metabolizzato il criterio anche l’impatto organizzativo si attenua molto. Il costante rilevamento di alcuni fattori ci permette di migliorare in un cammino, quello della sostenibilità, che già avevamo intrapreso. Abbiamo anche iniziato una collaborazione, per ora in fase preliminare, con l’Università Sant’Anna di Pisa per individuare un percorso di produzione biologico. Vogliamo andare in questa direzione. E tra poco saremo anche carbon free perché usiamo le risorse della geotermia.
Mps: evidenziamo l’impegno delle aziende per la sostenibilità e i rapporti etico-sociali
GreenRetail: Possiamo entrare nel dettaglio delle certificazioni Mps ottenute da Floramiata?
Antonio Fracassi: Per la sostenibilità, da un paio d’anni Floramiata ha iniziato il percorso per ottenere la certificazione ambientale Mps-Abc.
Si basa su un sistema di misurazione costante dell’impatto ambientale validato su dati che l’azienda registra sui consumi. In una piattaforma online, collegata alla società di certificazione, l’azienda registra periodicamente tutti i consumi di fitofarmaci, fertilizzanti, acqua, energia e i rifiuti. Attraverso il monitoraggio di questi indicatori, l’azienda viene valutata con un punteggio. Ogni tre mesi questo punteggio viene comparato a quello del trimestre precedente e, a seconda del trend di queste fluttuazioni, l’azienda viene classificata con degli indicatori (A+, A, B o C). Un po’ assumendo il criterio della classe energetica, ma in questo caso ci riferiamo a una classe di tipo ambientale.
GreenRetail: Al di là del “marchio”, Mps è utile quindi anche per analizzare le performance di un’azienda?
Antonio Fracassi: Tutti i trimestri ogni azienda ottiene sinteticamente il suo livello di classe ambientale, ma può scendere anche nel dettaglio per scoprire, all’interno dei report dei consumi, cosa ha impattato più o meno nella valutazione finale. Quindi permette di affrontare delle scelte con maggiore consapevolezza: valutare, a parità di costo e di efficacia, l’utilizzo di un prodotto meno inquinante rispetto a un altro. Al di là dell’aspetto ambientale, diamo anche altri strumenti per orientare la pianificazione generale dell’azienda.
Di fatto è uno strumento che si cura dell’aspetto ambientale ma si integra un po’ con tutti gli altri aspetti. Pensiamo per esempio all’adozione di sistemi di difesa integrata. Non è sufficiente ridurre i consumi, l’azienda deve dimostrare di avere un piano di lotta integrata, basato sull’utilizzo di più strumenti, biologici, preventivi o di difesa.
GreenRetail: Oltre a Mps-Abc, Floramiata ha conseguito anche le certificazioni Mps-Gap e Grasp. Ce ne puoi parlare?
Antonio Fracassi: A partire da quest’anno la verifica di certificazione Mps-Abc presso Floriamata verrà integrata con quella Mps-Gap nella quale è prevista la conformità anche alle regole di buona prassi in agricoltura definite dalla Macro-organizzazione commerciale Euro- Retailer Produce Working Group (Eurep). Parallelamente a integrazione di questi due standard, c’è anche il Grasp che certifica il rispetto dei codici di condotta definiti dalla International Labour Organization nei rapporti etico-sociali con il personale.
GreenRetail: Come viene valutato il rispetto delle buone pratiche etico-sociali?
Antonio Fracassi: Svolgiamo una verifica specifica per analizzare come l’azienda rispetta i codici di condotta internazionali. Nel caso italiano tali codici si sovrappongono quasi completamente al contratto collettivo nazionale di lavoro, con alcune piccole modifiche.
Il controllo è molto focalizzato: non solo sulla spiegazione delle forme di tutela dei diritti dei lavoratori, ma anche sull’effettiva percezione e consapevolezza da parte dei lavoratori. Quindi vengono realizzate delle interviste anonime nelle quali i lavoratori possono esprimere le loro opinioni o fornire suggerimenti. È prevista anche la creazione di un luogo dedicato in cui i lavoratori possono avanzare lamentele o fare proposte. Verifichiamo inoltre che i lavoratori siano inclusi in maniera partecipativa anche nelle scelte strategiche dell’azienda. Per esempio è prevista, almeno una volta all’anno, una riunione bilaterale con i rappresentanti dei lavoratori insieme al top management.
Ma la missione più grande che questi standard integrati intendono ottenere è rendere trasparente l’impegno dell’azienda verso la sostenibilità complessiva. Raccogliere e analizzare degli indicatori e parametri complessivi che consentono di misurare in modo qualitativo e quantitativo questo impegno. Questa è la sfida più importante che Mps sta affrontando.
GreenRetail: Un’altra sfida è farlo conoscere al consumatore finale?
Antonio Fracassi: Certo: rendere trasparente l’impegno dell’azienda agli occhi del consumatore finale. Il progetto internazionale Floriculture Sustainability Initiative (Fsi) ha definito una norma nella quale è previsto che tutti gli standard di certificazione applicabili nel florovivaismo per poter essere accreditati Fsi siano dotati di un sistema di contabilità ambientale verificato da un ente terzo, che dia prova – visibile e misurabile – delle azioni che l’azienda compie nella direzione della sostenibilità. Per evitare che sia solo una costruzione d’immagine senza un impegno concreto. La direzione è questa: dati verificati e verificabili di tutto ciò che viene fatto in favore dell’ambiente.
GreenRetail: Nel nuovo Ddl dedicato al florovivaismo, di prossima approvazione al Senato, vengono valorizzati i marchi. Cosa ne pensi?
Antonio Fracassi: Sicuramente è importante la valorizzazione del prodotto locale e delle diversità, che in Italia sono tante. Ma secondo me anche il modo di produrre può rappresentare un valore aggiunto che determina una differenza sostanziale del prodotto. Bisognerebbe introdurre delle premialità per le aziende che investono in sostenibilità. C’è una normativa europea, il Green public procurement (Gpp), secondo cui tutte le amministrazioni pubbliche devono selezionare i loro fornitori sulla base di un certificato di sostenibilità. Questa norma in Italia è disattesa ma in realtà sarebbe un valore aggiunto per tutte quelle aziende che compiono sforzi importanti. Perché una certificazione non è solo fregiarsi di un bel logo: è anche assumere degli impegni. Fare scelte anche dispendiose o meno economiche di altre. Dimostrare l’impegno concreto verso la sostenibilità tramite l’adesione volontaria a schemi di certificazione come Mps rappresenta un comportamento socialmente responsabile che andrebbe opportunamente valorizzato anche dalle pubbliche amministrazioni.
GreenRetail: Qual è la penetrazione di Mps in Italia?
Antonio Fracassi: Dodici anni fa ho certificato la prima azienda in Italia e oggi abbiamo quasi 160 aziende certificate Mps e un potenziale ancora inespresso delle organizzazioni dei produttori.
Non c’è stato un trend esponenziale perché è un concetto che si è dovuto evolvere. Bisogna metabolizzarlo, non come un corpo estraneo ma come una opportunità.
Oggi però stiamo raggiungendo un livello di maturità tale da consentire al mercato di spingere e motivare anche i piccoli produttori ad aderire a queste misure minime di qualità. Nel mercato olandese, Royal Flora Holland – parliamo di una struttura che gestisce oltre il 70% del commercio olandese di fiori e piante ornamentali con 6 succursali, 39 aste-orologio e agenzie nazionali per un totale di 4.700 collaboratori su scala mondiale – ha adottato una nuova politica di sostenibilità per i propri soci produttori e per la quale è prevista l’adesione entro il 2022 a uno standard di certificazione basato su un sistema di contabilità ambientale verificato come Mps-Abc. Se questa indicazione verrà attuata, continuativamente nel tempo, permetterà di coinvolgere anche le piccole imprese, che sono la spina dorsale della produzione. Anche in Italia la produzione viene realizzata da migliaia di piccoli produttori: è là che viene determinato l’impatto ambientale rilevante.
Se tutta la filiera riuscisse a condividere queste scelte allora sì che potremmo avere un impatto ambientale sul territorio.
Coinvolgere il consumatore nel processo di crescita
GreenRetail: Qual è invece l’attenzione che rileva nel mercato Floramiata verso la sostenibilità?
Roberto Leo: In generale il livello di attenzione si è alzato su questi temi e oggi c’è sicuramente un ambiente favorevole a recepirlo: le politiche internazionali vanno in direzione della sostenibilità. È un aspetto fondamentale anche da un punto di vista comunicativo: arrivare al consumatore medio e fargli percepire quello che sta comprando. Io penso che tutti si allineeranno.
GreenRetail: Purtroppo però oggi molte piante d’appartamento vengono offerte “svestite” al consumatore finale ed è difficile anche sapere da dove arrivano…
Roberto Leo: Anche questo è vero: non c’è ancora attenzione ai brand in questo mondo. L’azienda deve essere più riconoscibile.
GreenRetail: Oggi è il rivenditore specializzato che si fa garante delle piante che vende. Forse anche loro potrebbero essere un utile veicolo di contatto con il consumatore finale?
Roberto Leo: Esattamente: dobbiamo comunicare verso il nostro interlocutore per arrivare al consumatore finale. In certi casi è un problema di canale, ma credo che questa sia la strada da percorrere. Noi stiamo lavorando in questa direzione: non solo con elementi di packaging che verranno aggiunti nella preparazione della pianta, ma anche nella scelta di un vaso con un colore specifico e una brochure di accompagnamento. Miglioramenti che abbiamo già introdotto e vorremmo rendere stabili.
In alcuni casi ci sono resistenze, perché i grossisti vogliono mantenere il rapporto diretto con i rivenditori finali e temono di essere scavalcati dal produttore. È ovvio che il centro giardinaggio è il canale che si presta meglio per comunicare con il consumatore finale e infatti è uno dei nostri target. Vogliamo arrivare al cliente per fargli sapere che siamo un’azienda carbon free e non usiamo idrocarburi: è un importante elemento di comunicazione.
È vero che in questo settore non c’è molta sensibilità e che in Italia, come in certi casi avviene, siamo un po’ in ritardo, ma sono convinto che riusciremo a recuperare in fretta. Come è già successo in altri settori, siamo bravi a recuperare velocemente i gap.
GreenRetail: Mi incuriosisce la scelta della certificazione Grasp dedicata al rispetto dei lavoratori…
Roberto Leo: Abbiamo abbracciato la certificazione a 360°. Il rispetto dei diritti dei lavoratori è un elemento di valorizzazione importante quanto la sostenibilità. Specie negli ultimi anni. Ovviamente Grasp è utile per le importazioni da paesi in cui l’attenzione alle condizioni dei lavoratori è minore; per Floramiata non è stato difficile ottenere Grasp perché molte attività previste noi le stavamo già svolgendo.
GreenRetail: Tornando al consumatore finale, anche in questo caso quando compriamo dei fiori al supermercato non abbiamo idea in quali condizioni siano stati coltivati. D’altronde spesso non sappiamo da dove vengono o quale sia il loro impatto ambientale, figurarsi l’etica…
Roberto Leo: Il nostro consumatore in effetti non ne ha contezza. Credo che la strada sia ancora un po’ lunga per coinvolgere di più il consumatore. Anche se si stanno avvicinando molto a questi temi, in particolare le nuove generazioni. Non dimentichiamo che nel 2020, dopo i primi mesi di lockdown, c’è stata un’enorme crescita del mercato spinta da una grande attenzione verso gli ambienti interni. Riteniamo che una parte di questa crescita rimarrà, ma è composta dalle giovani generazioni che sono maggiormente sensibili verso il verde. E comprano le piante anche per migliorare la depurazione dell’aria degli ambienti.
In questo momento in cui il trend ci sta favorendo, dobbiamo instaurare una comunicazione più diretta con il consumatore: un ambito di miglioramento che deve essere colto anche dalle aziende e non solo dai trader.
Incontro con Ruud van den Akker, l’auditor olandese
In occasione della visita a Floramiata abbiamo avuto l’occasione di intervistare Ruud van den Akker (al centro della foto con la polo bianca), auditor olandese di Ecas, organismo di controllo incaricato per le verifiche di certificazione Mps, nel corso delle operazioni di controllo dell’azienda toscana.
GreenRetail: Operate molto a livello internazionale?
Ruud van den Akker: Siamo una società olandese e la maggior parte del nostro lavoro si concentra in Olanda. Ma gli standard Mps vengono applicati in tutto il mondo e io personalmente amo particolarmente lavorare al di fuori dell’Olanda. Da queste esperienze estere raccogliamo informazioni importanti. Insieme al board di verifica degli aggiornamenti dei nostri standard, analizziamo i suggerimenti raccolti negli audit per individuare i punti da migliorare e potenziare. Per rendere i nostri schemi sempre più coerenti con la parte produttiva reale. Le regole che valgono all’estero sono le stesse che usiamo in Olanda.
GreenRetail: Cosa caratterizza i produttori italiani rispetto a quelli di altri paesi?
Ruud van den Akker: Nel lavoro non vedo grandi differenze: è agricoltura. Per la mia attività di auditor, noto che le imprese italiane sono molto più passionali e si prendono più tempo per esprimere un concetto, rispetto ai Paesi Bassi dove sono più “rudi”. Se chiedi a un floricoltore olandese cosa coltiva ti risponde “plant pot”, cioè piante in vaso. Se lo chiedi a un coltivatore italiano ti risponde “cento anni fa mio nonno ha fondato una piccola società che poi mio padre…”.Scherzi a parte, non c’è una difficoltà di interpretazione ma di adattamento. La capacità di adattamento a uno standard, rigido per natura, è diversa in ogni paese perché ogni paese ha una propria storia e identità. Nella nostra pianificazione dei controlli, adottiamo delle tempistiche che sono legate alla verifica (nero o bianco) di una serie di punti. Queste verifiche hanno tempi tecnici già stabiliti: in Italia spesso non è così.
GreenRetail: Perché c’è reticenza su alcuni argomenti?
Ruud van den Akker: Non penso ci sia reticenza. Il fatto è che ogni requisito richiede un contorno di informazioni, fondamentali per una verifica, che non sempre sono rapidamente disponibili. È bene precisare poi che noi non siamo né poliziotti né esattori delle tasse: noi lavoriamo insieme ai produttori per migliorare, insieme, la sostenibilità dell’agricoltura.