Gli alberi ci salveranno dal global warming? Speriamo proprio di sì, perché lo scorso 8 ottobre l’agenzia dell’Onu ha lanciato un allarme decisamente preoccupante: tra 11 anni la temperatura salirà di 1,5°C rispetto all’era pre-industriale e se non facciamo niente arriverà presto a +2°C con catastrofiche conseguenze. Le soluzioni da mettere in atto sono tante, ma quella più economica è aumentare il numero di piante e dar vita a un processo di ri-forestazione. Ecco perché è un tema che dovrebbe interessare anche il nostro settore.
In che modo piante e alberi ci salveranno dal global warming
Tra 11 anni la temperatura del pianeta sarà superiore di 1,5°C rispetto all’era pre-industriale con devastanti effetti sulle condizioni di vita che oggi conosciamo, che diventeranno critici con un incremento di 2°C. È la cruda verità affermata dallo studio “Special Report on Global Warming of 1,5°C” pubblicato lo scorso 8 ottobre dall’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc), l’agenzia dell’Onu considerata come il principale organismo scientifico internazionale per la valutazione dei cambiamenti climatici, che ha preso in esame oltre 6.000 studi condotti in questi anni.
È stata fondata nel 1988 dalla World Meteorological Organization (Wmo) e dall’United Nations Environment Program (Unep) e rappresenta uno strumento dell’Onu (con la risoluzione 43/53 del 6 dicembre 1988) messo a disposizione dei governi di tutto il pianeta per avere una chiara e univoca informazioni scientifica sulle conseguenze del cambiamento climatico e i potenziali impatti sociali ed economici. L’Ipcc riunisce 194 paesi e vi collaborano migliaia di scienziati da tutto il mondo, su base volontaria e gratuita.
Global warming: l’Italia è messa peggio
Il Report dell’8 ottobre diramato da Ipcc sottolinea come l’aumento delle temperature del globo raggiungerà 1,5°C entro 11 anni (grafico 1), a meno che i governi mondiali non attuino subito delle politiche volte a invertire la rotta: testualmente parla di una “impresa erculea e sforzi senza precedenti” per ridurre drasticamente le emissioni di anidride carbonica (CO2) nell’atmosfera entro il prossimo decennio. La verità è che siamo molto lontani da questo percorso virtuoso e che, nei fatti, in seria considerazione politiche per arginare il problema. È sufficiente un dato: nel 2017 le emissioni di CO2 connesse alla produzione di energia hanno toccato un record assoluto, arrivando a quota 32,5 gigatonnellate (cioè 32,5 miliardi di tonnellate).
Praticamente siamo già sull’orlo del baratro e molto probabilmente ci finiremo dentro: “È altamente probabile che, date le previsioni per le emissioni nel prossimo futuro e l’attuale impegno degli Stati, la temperatura della Terra aumenterà oltre il grado e mezzo”.
Già oggi, con un aumento di 1°C, stiamo assistendo a fenomeni nuovi, che soltanto trent’anni fa non esistevano: aumento delle tempeste, siccità, scomparsa dei ghiacciai, ondate di calore e inondazioni.
E non si tratta di un problema lontano da noi: è bene infatti sapere che in Italia l’anomalia termica è peggiore rispetto al resto del pianeta e già dal 2011 abbiamo superato stabilmente di 1°C la temperatura media (grafico 2). Ciò ha comportato meno piogge, più siccità e di conseguenza più carenza idrica (ricorderete l’emergenza di Roma del luglio 2017 con il prosciugamento del lago di Bracciano), accompagnate da piogge brevi ma impetuose (non a caso è nato il neologismo “bombe d’acqua”) che provocano dissesto geologico e alluvioni. Con 20.000 decessi, dal 1980 a oggi, l’Italia è il secondo paese europeo dopo la Francia (23.000) e la situazione è peggiorata dal 2000 con più di 30 alluvioni che hanno provocato vittime: solo negli ultimi tre anni sono state colpite Livorno, Cuneo, Agrigento, Messina, la Ciociaria, L’Aquila, Sannio, Piacenza, Belluno, il Golfo del Tigullio, la Piana di Albenga, Genova, Imperia, Savona, Calabria Jonica, Alessandria, Orbetello, il Gargano, Treviso, Senigallia e Modena.
L’ultima novità sono i medicane (dall’unione di Mediterraneo e hurricane) cioè veri e propri cicloni di tipo tropicale come quelli che il 28 e 29 settembre scorso hanno colpito la zona tra il Mar Egeo, il Mar Ionio e il Mar Libico.
Ma il peggio è dietro l’angolo e toccherà già i nostri nipoti e i fi gli dei millennial: se non interveniamo entro il 2100 la temperatura salirà di 3,4°C rispetto a quella attuale, dando vita a una nuova estinzione.
Come dobbiamo fare
Il modello proposto nel Report di Ipcc sostiene che è fisicamente (cioè scientificamente) possibile mantenere il surriscaldamento sotto la soglia di pericolo ed è quindi un nostro dovere almeno provarci. Il primo obiettivo è quello di eliminare l’emissione di gas serra, in primis l’anidride carbonica: sarebbe sufficiente ridurre la CO2 del 45% (rispetto al 2010) entro il 2030, per portarla allo zero assoluto entro il 2075. “Le emissioni – spiega il Report di Ipcc – devono diminuire rapidamente e perché succeda bisogna agire contemporaneamente su diversi settori: edilizia, industria, trasporti, produzione di energia, agricoltura, sfruttamento delle foreste e del terreno”.
Anzitutto dobbiamo quindi intervenire sulle fonti energetiche: entro il 2050 il carbone deve essere totalmente abbandonato, il gas ridotto all’8% e l’energia elettrica dovrà arrivare per il 70/85% da fonti rinnovabili, cioè solare, eolica, idroelettrica (prodotta dal movimento dell’acqua) e geotermica (che sfrutta il calore naturale della Terra). Il Report Ipcc afferma: “Sebbene riconosciamo le difficoltà e le differenze tra paese e paese, la fattibilità politica, economica, sociale e tecnica dello sfruttamento dell’energia solare e dell’energia eolica e le nuove tecnologie di stoccaggio dell’energia sono migliorate molto negli ultimi anni. Un miglioramento che segnala che una transizione nella produzione di energia elettrica è effettivamente possibile”.
Lo stesso Di Maio, dopo aver letto il Report di Ipcc ha dichiarato: “Le azioni da mettere in campo sono titaniche e sono da coordinare a livello globale, ma intanto l’Italia ha deciso di puntare seriamente su un futuro energetico completamente sostenibile. Questa sfida riguarda sicuramente il nostro futuro, ma ormai è il nostro presente. Una cosa molto importante che presto introdurremo è l’Ires verde, ossia un principio per cui le imprese che inquinano meno pagano meno tasse. Una piccola rivoluzione”.
Ma non basta: come aspirare la CO2 dall’aria
Oltre a contenere le emissioni di CO2 abbiamo la possibilità anche di operare in senso apposto: cioè aspirare l’anidride carbonica presente in atmosfera con l’obiettivo di immagazzinarla e, nel limite del possibile, convertirla. Da un punto di vista tecnologico siamo ancora agli albori ma esistono sparsi nel mondo una ventina di progetti già in funzione, in particolare in Canada e negli Stati Uniti.
Un’alternativa molto più economica e già sperimentata da millenni – e qui entra in gioco il nostro mercato – sarebbe sfruttare la fotosintesi clorofilliana delle piante, che assorbe CO2 dall’atmosfera e in cambio ci regala ossigeno.
Il Report di Ipcc dedica ampio spazio all’imboschimento, alla riforestazione e all’interruzione dell’abbattimento spesso indiscriminato di alberi (capitolo C3.1). In particolare suggerisce di aumentare le foreste esistenti, entro il 2050, di circa 10 milioni di chilometri quadrati, poco meno l’estensione del Canada. Così come suggerisce di convertire in coltivazione di biocarburanti 5 milioni di kq di terreni agricoli e 7 milioni di kq di pascoli.
Il passaggio dall’effetto serra all’effetto selva è un dovere di ogni Stato poiché ogni evidenza scientifica ci indirizza in questa direzione. Una maggior presenza di piante non solo assorbe la CO2 ma ha effetti positivi anche contro l’inquinamento da polveri sottoli e migliora la salute pubblica, senza considerare gli indubbi benefici estetici del paesaggio.
Bonus Verde: l’Italia è stata la prima
Nella scorsa Legge di Bilancio è stato inserito il Bonus Verde che ha portato l’Italia a essere indicata come modello positivo – una volta tanto – agli occhi dell’opinione pubblica ambientalista europea: si tratta infatti della prima volta che un governo invita (e sostiene economicamente) i cittadini a investire in una maggiore presenza di verde e di alberi all’interno delle proprietà private. Grazie alle spinta del Bonus Verde, durante il 2018 sono state intraprese molte iniziative in questa direzione.
Il 9 maggio si è svolto un incontro dedicato alla qualità del verde, nel quale è stata sancita dagli amministratori pubblici la necessità di un approccio strategico e integrato, guidato dalla consapevolezza che il verde è un bene comune e non deve essere considerato un costo ma una risorsa.
Il 5 settembre il Comune di Milano, spesso apripista di iniziative innovative, ha presentato ufficialmente il progetto Milano+Verde che ha l’obiettivo di promuovere il Bonus Verde presso i milanesi, diffondere la conoscenza dei benefici del verde urbano, proporre pratiche di gestione e promuovere la rigenerazione verde della città attraverso la collaborazione tra pubblico e privato. Il progetto è stato realizzato da Assofloro Lombardia e Coldiretti Lombardia, con il patrocinio del Comune di Milano e di Fondazione Symbola e il contributo della Camera di Commercio di Milano Monza Brianza Lodi e di Miami (Manutenzione Integrata Ambientale Milano).
Milano+Verde opererà in due direzioni in particolare: la formazione degli stakeholder e le attività di coinvolgimento dei cittadini. Per i primi verranno organizzati incontri formativi con amministratori condominiali, impresari edili e del verde, commercialisti e altri portatori di interesse per far usufruire in modo corretto del Bonus Verde e per diffondere l’importanza del verde, di qualità, all’interno delle città.
Per il coinvolgimento dei cittadini sono previsti vari progetti, in particolare: il Concorso Milano Più Verde, dedicato ai milanesi che vorranno riqualificare le aree verdi private, con la possibilità di usufruire del Bonus Verde; Garden Tourism con visite guidate ai parchi e ai giardini delle dimore storiche, condotte dal proprietario, da un giardiniere e da un paesaggista; la Giornata Nazionale dell’Albero, prevista il 21 novembre, con l’organizzazione di attività didattiche rivolte alle scuole e ai cittadini; Appuntamento in Giardino che prevede l’ingresso in giardini privati normalmente chiusi al pubblico; l’organizzazione di eventi, conferenze e workshop per sviluppare una maggiore sensibilità verde.
Per lasciare un segno concreto sul territorio, l’impronta climatica del progetto verrà neutralizzata attraverso un inter vento di forestazione urbana all’interno del Parco Nord Milano. Il Parco, che comprende diversi Comuni della cintura metropolitana di Milano, ha iniziato le attività di rimboschimento nel 1983 ed è ora conosciuto – con i suoi 600 ettari di estensione – come uno dei più grandi parchi periurbani a livello europeo, in grado di trasformare il territorio degradato delle periferie in un enorme “polmone verde”.
Il 28 settembre è stato lanciato il progetto Italia+Verde nell’ambito di una tavola rotonda con l’obiettivo di diffondere l’esperienza milanese in tutte le città italiane: sono stati presentati casi concreti, buone pratiche e progetti in cui la sinergia pubblico/privato diventa una risorsa importante per la rigenerazione e lo sviluppo sostenibile delle città. Un ruolo chiave, anche in questo caso, viene giocato dal Bonus verde, uno strumento importante non solo in termini di aiuto economico ai proprietari di aree verdi ma anche per la diffusione di una maggiore consapevolezza dell’importanza del verde, di qualità, all’interno dei centri urbani. Uno strumento che è importante venga stabilizzato anche nel 2019, migliorato e reso ancora più utile per il coinvolgimento di cittadini nell’implementazione del verde privato.
Perché questi temi interessano i centri giardinaggio?
Tutte le problematiche e le attività elencate dovrebbero essere assimilate dai centri giardinaggio per aumentare la sensibilità del grande pubblico dei consumatori. Affrontare queste tematiche all’interno di convegni è infatti sicuramente utile per mettere a disposizione di tutti idee, dati e ricerche, ma è altrettanto importante aumentare la consapevolezza degli italiani. E chi meglio dei centri giardinaggio, che hanno un quotidiano contatto con il pubblico, potrebbe svolgere questa attività?