Il futuro dei centri giardinaggio è sempre più legato alla massima redditività del “punto vendita fisico”. Ce ne parla Paolo Montagnini di Studio Montagnini.
5 suggerimenti per il futuro dei centri giardinaggio
Come ci insegnano le recenti chiusure di alcuni negozi di Zara e H&M, occorre che ogni negozio raggiunga la sostenibilità economica e quindi, in altri termini, goda del miglior rapporto tra metri quadri occupati e redditività.
Il tema è quello dell’elasticità delle vendite: questo concetto, che si riferisce allo spazio espositivo, spiega come la vendita di un prodotto o di una famiglia di prodotti possa variare in funzione dello spazio assegnato. Aumentando lo spazio le vendite aumentano, ma solo fino a un certo punto, oltre il quale non si ottiene più alcun beneficio. Più spazio si assegna e più si ruba spazio ad altre categorie, ciò significa che se per gestire una famiglia di prodotti avete occupato troppo spazio non pagate il “conto” del costo della superficie impiegata e invece, se ne state utilizzando troppo poco in relazione all’offerta, rischiate che il punto vendita non funzioni a dovere per la bassa produttività. In altri termini, i costi dello spazio diventano insostenibili quando il punto vendita è troppo grande o la produttività insufficiente se troppo piccolo.
Per esempio, nel garden center la tendenza è il sovra-dimensionamento. Oggi si dovrebbe vendere lo stesso volume di merce con almeno il 20% di spazio in meno e, se l’e-commerce è una evidenza dei tempi e giustamente preoccupa, altri fattori meno evidenti, meno conclamati e un tempo trascurabili stanno minando il negozio di mattoni senza che ci sia una presa di coscienza né l’adozione delle contromisure necessarie.
1 – Vi pagate tutto lo spazio che occupate?
L’ho già detto in diverse occasioni ma ora, alla luce di quello che accade e delle tendenze messe in atto dal mercato, l’affermazione diventa un imperativo: dovete sapere se il fatturato per metro quadro si paga i costi di competenza, senza se e senza ma. I costi di struttura stanno crescendo e sono aumentati molto più della produttività.
Negli ultimi 15 anni, considerando i bilanci di alcuni negozi al dettaglio, emerge che il fatturato per mq è cresciuto, in proporzione, meno dei costi. Quindi, se 15 anni fa il costo dello spazio pesava per un 25%, oggi incide al 35%, mentre la produttività non è aumentata in egual misura: la redditività si è dunque fortemente ridotta. Più spazio significa più investimenti, più merce e più personale, ma la gestione della gamma e la qualità espositiva sono rimaste inadeguate e quindi è venuto a mancare il fatturato in più per singolo metro.
Che cosa fare a riguardo? Per prima cosa fare per bene i conti, si deve studiare per capire quanto si è lontani o vicini dal risultato obiettivo e quindi adottare le strategie e gli accorgimenti del caso. Ogni responsabile di punto vendita, reparto per reparto, deve conoscere l’obiettivo rappresentato da un preciso valore numerico di ricavi per singola area. La misura è facile: se per esempio la situazione evidenzia costi fissi per 300€/mq, una produttività di 600€/mq e il margine è del 45%, siamo di fronte ad una situazione critica.
2 – Lo stock
I tempi e i conti ci obbligano a progettare diversamente l’area di vendita e a gestirla con nuove concezioni, anche per quanto riguarda lo stock. La strada che ci porta a capire è sempre quella dei numeri, è inutile cercare di divincolarsi, da qui si deve passare.
Provate quindi a calcolare la dilazione media del debito verso i fornitori. Se è di 60 giorni e avete una rotazione dello stock a 100 giorni significa che circa il 40% del magazzino è finanziato dalla cassa. Quanti soldi vengono anticipati per finanziare lo stock che invece dovrebbe essere finanziato dal fornitore?
La gestione finanziaria è un’area critica ma rappresenta un’occasione di crescita. Se avessimo una rotazione dello stock in linea con i pagamenti avremmo più contanti in cassa e una gestione forse più rilassata.
La domanda a cui rispondere è: quanti prodotti servono per qualificare l’offerta e avere uno stock adeguato alla copertura delle vendite? Oltre questa misura stiamo spendendo male i nostri soldi e fare finta di niente non serva a far crescere e sviluppare gli affari. Capisco l’idiosincrasia per l’argomento, ma la tappa è obbligata.
“Bisogna proporzionare l’ampiezza del mercato all’affluenza delle persone, affinché lo spazio non sia piccolo per l’uso a cui è destinato, né la piazza appaia vuota per la rarefazione di prodotti e pubblico”: questo, più o meno, diceva Vitruvio Pollione nel I secolo aC e riassume il problema di molti punti vendita. Quindi, o si amplia la gamma o si taglia la superficie, ma avere troppo di una sola categoria è un guaio.
3 – Le procedure
Rivedere il progetto e le procedure di gestione implica una attitudine al cambiamento che deve essere supportata da reali basi quantitative (solidi numeri, sempre loro!), mentre spesso si agisce in maniera più creativa senza una precisa consapevolezza di ciò che accade e senza conoscere a pieno la propria situazione.
Sapete per esempio quanto articoli non hanno girato negli ultimi mesi? Sapete quanto avete ecceduto negli acquisti e per quali prodotti? Sapete come fare perché la situazione non si ripresenti?
Statisticamente, circa il 15% delle referenze ha rotazione pari a zero e di norma l’overstocking vale un 20% del magazzino. Se avete 10.000 articoli, circa 1.500 sono quindi rimasti fermi e se il magazzino vale 600.000 ne avete circa 100.000 di troppo.
Questo lusso sino a qualche anno fa ce lo si poteva permettere, ora non più. Nel rivedere le procedure, cambiare le modalità di acquisto è un primo passo importante.
Nel mondo anglosassone, per capire come vanno le cose, hanno un indicatore preciso e semplice, il “sell through”, che noi potremmo chiamare “tasso di vendita”. Se in un periodo di tempo, solitamente il mese ma anche il trimestre, avete acquistato 10 pezzi di una referenza e ne avete venduti 3, il rapporto delle vendite sull’acquisto rappresenta il valore del tasso di vendita, che in questo caso è del 30%. Se per un articolo avete questo valore significa che lo stock del periodo è almeno tre volte il necessario.
Ovviamente ci sono una serie di condizioni giustificative. Se al mare stiamo andando a fondo perché non sappiamo nuotare possiamo dare la colpa a un sacco di fattori esterni (le onde, l’acqua fredda, ecc.), ma resta il fatto che l’unica valida contromisura da attuare è quella di imparare a nuotare. La supply chain e i metodi di acquisto sono fattori di sistema da modificare ma, nel frattempo, fate in modo che il vostro tasso di vendita sia il più possibile superiore al 50%, per il maggior numero di articoli.
4 – Io che cosa devo fare?
Da diversi progetti di selezione e rivisitazione del modello organizzativo di punti vendita al dettaglio, è emerso che spesso diverse figure della squadra non sapessero che cosa fare e, soprattutto, come farlo.
Riflettendo sull’organizzazione, potremmo iniziare a dividere le nostre agende in impegni prefissati e impegni straordinari, dove i primi si ripetono con una certa frequenza e i secondi invece non sono pianificabili. Nella realtà si viene al contrario sopraffatti dall’emergenza e si ricorre a soluzioni improvvisate, mascherandole con la scusa della “creatività”.
Per rimodellare l’organizzazione, spesso rigorosamente gerarchica e priva del concetto di “delega”, occorre definire un percorso: profilare l’area di vendita diventa un passaggio fondamentale, per attuare il quale occorre definire con chiarezza i ruoli e le capacità di copertura per ciascuna funzione in relazione ai criteri di governo dell’area di vendita.
La produttività del personale è bassa perché manca una visione dell’obiettivo, gli obiettivi sono fra loro incoerenti e i tempi di pianificazione non sono in linea con le esigenze. Quindi l’inadeguatezza dei modelli organizzativi è un’evidenza e la regola in questo caso è: rivedere le regole.
5 – Il cambiamento
Le irrinunciabili indicazioni a cui ho fatto riferimento hanno origine comune nella necessità di cambiare: cambiare la progettazione e la gestione delle aree di vendite, cambiare il modello di pianificazione e di controllo, cambiare la coordinazione e l’organizzazione del team. Deve cambiare anche l’approccio dell’industria al canale. Quindi l’ultimo suggerimento diventa necessariamente il primo e consiste nel mettere in agenda l’auto-esigenza al cambiamento. Argomento noto, trito e ritrito quanto disatteso. La consapevolezza deve portarci a pensare che tutte le esperienze del nostro passato non sono un viatico di successo per il nostro futuro e che rimanendo aggrappati a ciò che abbiamo e trascurando la visione del domani rischiamo di perdere ciò che oggi possediamo.