giovedì, Novembre 21, 2024

Agrofarmaci Unp: come cambia l’offerta per gli hobbisti nel 2023

Dal 1° gennaio 2023 l’offerta di agrofarmaci Unp, cioè di prodotti a disposizione delle famiglie italiane per la difesa delle piante e degli orti domestici, verrà fortemente ridotta con l’entrata in vigore del Decreto 33/2018. Analizziamo le implicazioni e le opportunità per i rivenditori specializzati.

Il 1° gennaio entra in vi­gore il Decreto 33/2018 che regolerà la vendita di agrofarmaci a disposizione delle famiglie e degli hobby farmer italia­ni, quelli che la normativa definisce “utilizzatori non professionali” (Unp).

Un Decreto nato male, fortemen­te contrastato negli ultimi cinque anni dalle associazioni di categoria (Agrofarma, Compag e Promogiar­dinaggio su tutte), che ha vissuto un paio di proroghe e la cui genesi è contraddistinta dai ritardi e dall’ap­prossimazione tipici della burocrazia italiana. Al punto che ancora oggi, a un mese dall’entrata in vigore, ci sono ancora alcuni dubbi che devono es­sere chiariti e molte industrie del settore hanno dovuto evidenziare nei cataloghi 2023 la mancanza di prodotti “in attesa di registrazione dal Ministero della Salute”.

A prescindere dai ritardi, il vero pro­blema è che il risultato disattende una delle due missioni dichiarate nello stesso Decreto del Ministero della Salute del 20 novembre 2021 (Gazzetta Ufficiale del 26/1/2022), con cui è stato modificato l’allega­to tecnico del Dm 33/2018 per: “garantire un’idonea protezione dell’utilizzatore non professionale e dell’ambiente, nonché di tutti co­loro che possono venire in contatto direttamente o indirettamente con il prodotto fitosanitario utilizzato in un contesto non professionale, e al tempo stesso assicurare la di­sponibilità sul mercato di prodotti adeguati a soddisfare le esigenze di trattamento fitosanitario che possono interessare le piante col­tivate a livello non professionale”.

Il secondo obiettivo non è sta­to raggiunto e, come vedremo fra poco, gli hobbisti non avranno a di­sposizione “prodotti adeguati” per difendere i propri giardini. Il decreto è ricco di contraddizioni, alcune an­cora in fase di chiarimento, e lascia “buchi” importanti, per esempio nel tappeto erboso e per alcune colture come le patate o i pomodori.

Perché al di là delle singole autoriz­zazioni, concesse in base alla valuta­zione del pericolo e non del rischio, il risultato finale non evidenzia una visione d’insieme delle esigenze di un hobby farmer, tantomeno di un amante del giardinaggio, e la­scia molte applicazioni senza una risposta. La differenza tra pericolo e rischio non è secondaria: perché il rischio, essendo la probabilità che qualcosa accada, si può mitigare, per esempio con confezioni più pic­cole, pronte all’uso, con tappo salva-bimbo, con l’uso di dpi, ecc. Invece il Ministero ha scelto di selezionare i prodotti in base al loro potenziale pericolo, ben sapendo che qualsiasi sostanza, anche il sale da cucina, può essere mortale se assunto in eccesso.

Al punto che i limiti introdotti dal Mi­nistero (cut-off) che hanno seleziona­to maggiormente l’offerta di agrofar­maci Unp non sono relativi alla difesa delle api o alla classifica­zione tossicologica per l’uomo o gli animali, ma alla classificazione am­bientale, in particolare al possibile inquinamento di fiumi e laghi ai danni degli organismi acquatici. Alcuni cut-off hanno infine ridotto l’offerta per effetto di parametri eccessivamente bassi, come la classificazione am­bientale di smaltimento del prodotto nel terreno o il bioaccumulo.

Come si arriva al Decreto 33/2008 sugli agrofarmaci Unp

I prodotti fitosanitari secondo la definizione del regolamento CE (1107/2009) sono prodotti che con­tengono “sostanze attive, antidoti agronomici e sinergizzanti” e hanno la missione di proteggere i vegeta­li dagli organismi nocivi, di influire sui processi vitali per migliorarne la crescita ma anche, nel caso dei di­serbanti, di prevenire, controllare e distruggere le piante indesiderate.

Tutto nasce dalla Direttiva CE 128 del 2009 che si è posta l’obiettivo di promuovere un uso sostenibile dei prodotti fitosanitari: non di vie­tarli. In particolare la missione della Direttiva (art. 1) è di “ridurre i rischi e gli impatti sulla salute umana e sull’ambiente e promuovere l’uso della difesa integrata e di approcci o tecniche alternativi”.

In questo contesto il legislatore euro­peo ha affrontato anche il tema dei prodotti fitosanitari per un uso non professionale, ma ha preferito la­sciare ai singoli stati membri il com­pito di legiferare, suggerendo solo soluzioni con bassa tossicità, formu­le pronte all’uso o limiti del volume degli imballaggi. Sacrificando così, sull’altare della sovranità nazionale, l’armonizzazione del settore con la definizione di requisiti dei prodotti validi per tutta l’Europa. Al contrario oggi abbiamo leggi e prodotti diffe­renti nei vari paesi e in Italia – come ha dimostrato uno studio di Promo­giardinaggio – è stata adottata la normativa più severa, con il risultato che anziché “ridurre” la chimica e “promuovere” le soluzioni biologi­che, sono state vietate entrambe.

In Italia ci abbiamo messo un po’ a recepire la normativa, ma il Decre­to nr 150 del 2012 (art. 10 comma 4) incarica il Ministero della Salute, d’intesa con il Ministero dell’Am­biente e dell’Agricoltura, di adottare “specifiche disposizioni in merito ai prodotti fitosanitari destinati ad utilizzatori non professionali” entro il 26 novembre 2013 e con entrata in vigore 2 anni dopo, quindi dal 26 novembre 2015.

Il Ministero della Salute non emet­terà il Decreto né entro il 26 novem­bre 2013, né entro la scadenza del 2015. Il Decreto 33 del Ministero della Salute, in concerto con Agricol­tura e Ambiente, arriverà soltanto il 16 aprile 2018 con entrata in vigore dal 1° maggio dello stesso anno. È in quell’occasione che scompare la vecchia dicitura Ppo, sostituita dai nuovi PFnPO e PFnPE.

Il Dm 33/2018 era supportato da un allegato tecnico che indicava i li­miti delle sostanze ammesse, forte­mente contestato dalle parti sociali, cioè le associazioni dei produttori e rivenditori del settore, e avrebbe do­vuto entrare in vigore dopo 2 anni, quindi il 2 maggio 2020. Inizialmen­te il Ministero ha dimostrato un’a­pertura alle richieste degli operatori di modifica dell’allegato tecnico e a una “concertazione”, ma i tempi già dilatati della pubblica ammini­strazione sono “saltati” con l’arrivo della pandemia nel febbraio 2020. Dopo una prima proroga del 18 di­cembre 2019 (nell’ambito del De­creto Fiscale pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 24 dicembre 2019) con spostamento della scadenza di 18 mesi al 2 novembre 2021, è segui­ta una seconda proroga il 3 novem­bre 2021 (un giorno dopo il divieto) con una semplice circolare ministe­riale. Il vero Decreto arriverà soltan­to il 20 novembre 2021 (in Gazzetta Ufficiale il 26 gennaio 2022) e, oltre alla proroga al 31 dicembre 2022, contiene alcune modifiche all’alle­gato tecnico del Dm 33/2018.

Le modifiche, pur dimostrando un’a­pertura nel riconsiderare alcuni cut-off per cui ad esempio rame e piretro indoor passerebbero, non soddisfano però le aspettative del­le imprese del settore. Lo scorso 3 marzo 2022 il Ministero della Sa­lute ha inviato alle imprese alcune “indicazioni operative” ma siamo ancora in attesa di altre istruzio­ni e soprattutto del rilascio delle autorizzazioni per i nuovi prodotti, previste dallo stesso Decreto.

Il Ministero ha infatti richiesto ai produttori i dossier dei prodotti en­tro maggio, riservandosi di valutarli entro ottobre: una scadenza sposta­ta prima a novembre e ora a dicem­bre. Per questa ragione le imprese non sono riuscite a inserire le novità nei cataloghi del 2023 e dovremo aspettare gennaio per avere ulte­riori certezze e conoscere i nuovi prodotti. Inoltre, pur avendo dato un riscontro positivo in prima istanza, il Ministero della Salute si è riservato la possibilità di una seconda valu­tazione: aumentando ulteriormente l’incertezza degli operatori.

Agrofarmaci Unp
In questi anni il nostro giornale Greenline ha organizzato molti convegni dedicati al tema degli agrofarmaci. Il primo si è tenuto il 23 febbraio 2017 a Milano, in collaborazione con Myplant & Garden, con la partecipazione di Agrofarma-Federchimica, Compag (Federazione Nazionale Commercianti Prodotti per Agricoltura), Aicg (Associazione Italiana Centri Giardinaggio) e la presentazione di una ricerca realizzata dall’istituto Ikosagro in collaborazione con Kollant Adama.

Che cosa cambierà dopo il 1° gennaio 2023 per gli agrofarmaci Unp

La prima versione dell’allegato tec­nico del Dm 33/2018 era la più severa e stringente d’Europa. Al punto di vietare le soluzioni con­sentite in agricoltura biologica, an­ziché promuoverle, com’era nello spirito della Direttiva.

Anche se le modifiche apportate dal Decreto del 20 novembre 2021 dimostrano la volontà di rimettere in discussione alcuni “eccessi”, resta il fatto che il mercato con­sumer della “difesa delle piante” vedrà uno stravolgimento dell’of­ferta con la scomparsa di alcune categorie di prodotto e gli hobbisti italiani rimarranno senza difese, in particolare per alcune colture.

Prima di entrare nello specifico, va anche detto che la normativa pren­de in esame molti fattori, come il profilo tossicologico, l’impatto am­bientale, il tipo di packaging, se si tratta di una sostanza attiva o di un formulato, la presenza di frasi di mitigazione (come l’uso di dpi, il rispetto di una buffer zone dagli altri campi, ecc.). Tutti elementi che pos­sono concorrere o meno al commer­cio di un prodotto.

Cosa resta dei PFnPO

L’offerta di fitofarmaci per le pian­te ornamentali, pur essendo meno danneggiata rispetto ai PFnPE, ve­drà un grande cambiamento poiché sono poche le molecole che si sono salvate dalla selezione dei cut-off dell’allegato tecnico ministeriale.

Buona parte dei prodotti biologici a cui eravamo abituati spariranno dal mercato hobbistico, come l’aza­diractina e lo spinosad, due inset­ticidi naturali. Tra i principi attivi di sintesi sparirà la deltametrina, il piretroide più famoso al mondo con un notevole effetto abbattente ma una bassa persistenza, sia nel pron­to all’uso sia nel concentrato. Ma anche l’acetamiprid e quasi tutti i fungicidi per il tappeto erboso.

In particolare, delle circa 70 regi­strazioni PFnPO ne resteranno in commercio meno di 40, ma l’offer­ta è ancora più ridotta poiché molti sono “cloni”. Per esempio 17 regi­strazioni sono acidi pelargonici.

Tra gli insetticidi dovrebbero soprav­vivere circa 15 registrazioni, grazie a un’apertura al piretro ma solo per un uso indoor, quindi si potranno vendere gli spray pronti all’uso con­tro gli insetti delle piante d’apparta­mento. Perché solo indoor? Perché il piretro, pur essendo una sostanza naturale, non ha la selettività neces­saria contro le api, quindi non si po­trà usare in giardino. Resta il dubbio se si potrà vendere il piretro concen­trato con una taglia massima fino a 3 litri di soluzione: 3 litri saranno giudicati indoor dal Ministero? Ecco un esempio delle incertezze di cui scrivevo prima.

Oltre ai tanti cloni del piretro, tra gli insetticidi sopravviverà l’olio di col­za e altre soluzioni ancora in fase di approvazione da parte del Ministero.

Tra i fungicidi PFnPO sopravvive solo una registrazione, il potassio fosfo­nato, che però non ha attività sui funghi più importanti per le orna­mentali, quali oidio e ruggine.

Possiamo quindi dire che il Decre­to non garantisce la protezione dei giardini privati e i proprietari di spazi verdi rimarranno senza difese con­tro molti parassiti delle piante orna­mentali. È il caso dei fungicidi per le rose e per i tappeti erbosi, dei diser­banti (c’è solo l’acido pelargonico) e anche tra gli insetticidi non avremo difese contro gli insetti “outdoor” e per alcune specie in particolare, come i lepidotteri e gli acari.

Cosa resta dei PFnPE

I prodotti fitosanitari per uso non professionale destinati alle piante edibili (PFnPE) sono stati falcidiati: delle circa 440 registrazioni a cui eravamo abituati ne rimarranno solo 120. E anche in questo caso spesso si tratta di cloni: tra le 120 registrazioni troviamo infatti circa 70 tipi di rame e zolfo, 27 di glifo­sate e acido pelargonico (diserban­ti), 15 di Bacillus e 1 solo lumachi­cida a base di fosfato ferrico, una sostanza a basso rischio.

Ci sarà quindi una riduzione molto importante delle soluzioni a dispo­sizione degli hobbisti che coltivano orti, frutteti, vigne o oliveti.

Tra gli insetticidi non rimane molto: il piretro sparisce dagli orti e riman­gono solo i Bacillus, l’olio di colza e un acaricida composto da acidi grassi, cioè insetticidi biologici.

Il problema è che molti importanti “insetti target” sono rimasti esclu­si: come gli insetti del terreno, mol­ti lepidotteri delle piante da frutto o la Dorifora della patata. Insetti che non rovinano qualche foglia ma azzerano il raccolto.

Anche in questo caso evidenziamo una piccola contraddizione: il Bacil­lus thuringiensis non si potrà ven­dere in formato liquido, quello più interessante commercialmente, ma solo in polvere. Sembra che la for­mulazione liquida abbia delle frasi di mitigazione del rischio che quella in polvere non ha. La polvere va però venduta in monodose e i produtto­ri – oltre al limite di dover vendere bustine con pochi grammi di prodot­to – non sanno a quali colture e me­trature deve essere parametrata la monodose: olivo o pomodoro? 50 o 5.000 mq? E in quale confezione? Un sacchetto monouso da scioglie­re in acqua o una bustina in allumi­nio? Il materiale di confezionamento deve essere indicato nel dossier a supporto del prodotto, quindi ci vor­ranno altri due anni per avere questi prodotti sul mercato?

A proposito di orto, rimarranno dei fungicidi grazie alla tardiva apertura al rame contenuta nell’ultimo Decre­to, ma avremo pochi insetticidi. Cioè la maggior parte del mercato della difesa, poiché il clima italiano espo­ne maggiormente i nostri giardini agli attacchi di insetti rispetto ai funghi.

Il rame no, anzi sì

Le modifiche all’allegato tecnico con­tenute nel Decreto del 20 novembre 2021 dimostrano una “apertura” all’uso di prodotti rameici nell’orto da parte degli hobbisti, una sostan­za che non supera i cut-off del De­creto. Ma fissano il divieto di vendita entro il 31 maggio 2025 e di utilizzo entro il 31 dicembre 2025. Inoltre il Decreto consente solo due tipi di rame, l’ossido di rame e il solfato di rame tribasico, e unicamente per il trattamento della vite e dell’olivo. Quindi su colture di 5.000 mq.

È mai possibile che l’hobby farmer possa acquistare il rame per un uli­veto di 5.000 mq ma non quello per la peronospora del pomodoro in un piccolo orto di 50 mq? Sembra di sì ed è quello che dice l’art. 3 al com­ma 1. Ma a fronte delle critiche già espresse dalle imprese del settore è possibile che il Ministero accetti di ampliare l’uso anche nei piccoli orti, così come ha manifestato una “apertura” anche per le poltiglie bordolesi: ma per ora non ha pubbli­cato nulla di ufficiale.

Il problema è che tutti questi ritardi si traducono nella difficoltà da par­te dei produttori di industrializzare i prodotti: perché i codici prodotto ven­gono analizzati un anno prima della messa in commercio. Se l’ossido di rame si può usare anche sui pomo­dori mettono in produzione anche la confezione da 100 ml, ma se si usa solo sull’olivo optano per taglie più grandi. In assenza di risposte chiare, la produzione resta ferma.

Il risultato è che sul mercato è rad­doppiata l’offerta di concimi a base di rame.

Il glifosate sì, anzi forse

Le modifiche all’allegato tecnico contenute nel Decreto del 20 novem­bre 2021 sembrano riabilitare anche il glifosate, ma anche qui ci sono al­cuni punti oscuri.

Chiariamo anzitutto che, a diffe­renza del rame, il glifosate ha una classificazione tossicologica non problematica e supera tutti i cut-off. È sicuramente “macchiato” da una fama negativa, ma non basata su dati scientifici. Nonostante ciò l’art. 2 del Decreto dice esplicitamente che “Non è consentito l’uso a livello non professionale o professionale di prodotti fitosanitari contenenti glifo­sate per il trattamento del giardino familiare”.

Posto il fatto che giuridicamente il “giardino familiare” non è definito (è uno dei tanti errori di questa norma), molti operatori del settore hanno inteso che l’utilizzo negli orti e nei frutteti sia consentito. Un po’ come il rame per olivi e viti.

Anche in questo caso capiremo me­glio l’orientamento del Ministero in funzione delle approvazioni o meno delle registrazioni che le aziende hanno presentato. Poiché sono temi già affrontati in Europa, a volte ba­sterebbe ispirarsi a ciò che accade nei paesi vicini a noi.

Perché il Decreto è giusto

Consentitemi di indossare per un attimo i panni dell’avvocato del diavolo. La Direttiva europea così come il Decreto italiano si basano su un’esigenza ragionevole: ridurre l’uso dei prodotti chimici nelle case private e promuovere soluzioni alter­native biologiche per migliorare la sostenibilità e la salute del pianeta. Quindi sono lodevoli.

Anche se gli agrofarmaci Unp rappresentano una fetta infini­tesimale rispetto ai fitofarmaci usati in agricoltura professionale (esclusi da questo Decreto), se danneggia­no il pianeta e la sua sostenibilità è giusto che vengano normati e finan­che vietati. Anche andare in centro a Milano in auto sarebbe un nostro diritto, ma se poi diventa la città con l’aria più inquinata d’Europa è giusto intervenire con limitazioni.

Inoltre “gli hobbisti italiani sono no­toriamente degli incapaci che non leggono le istruzioni per l’uso e utiliz­zano e smaltiscono impropriamente gli agrofarmaci”. Non lo dico io, ma lo pensano i dirigenti e i consulen­ti del Ministero della Salute, che lo hanno addirittura scritto nelle pre­messe del Decreto del 20/11/2021: “Considerato che all’utilizzatore non professionale non è richiesta alcuna formazione certificata per l’acquisto e l’uso dei prodotti fitosanitari e che lo stesso non è tenuto, pertanto, a possedere un’adeguata conoscenza di tali prodotti in relazione ai poten­ziali effetti dannosi per la salute e per l’ambiente che possono derivare dal loro utilizzo (…)”. Quindi si vieta­no i prodotti perché, secondo il Mini­stero, gli hobby farmer italiani usano rame e piretro in modo inconsapevo­le e inquinano indiscriminatamente.

I consumatori dovranno quindi impa­rare a usare correttamente i prodotti biologici, in modo da prevenire gli at­tacchi di insetti e malattie fungine, e se la rosa verrà attaccata dagli afidi dovranno accettare di tagliare i boc­cioli colpiti per limitare l’invasione o eventualmente di perdere la pian­ta. Dovranno accettare una soglia di danno molto più alta rispetto al passato e comprendere che è più importante contenere l’impatto am­bientale rispetto alla performance della pianta. Potranno sempre ricor­rere a un disinfestatore/giardiniere professionista, che invece ha una “formazione certificata e un’adegua­ta conoscenza”, oppure prendere loro stessi il patentino, cioè l’autoriz­zazione ad acquistare e usare fitofar­maci professionali che si consegue dopo un corso e un esame.

Infine si stanno avvicinando al giar­dinaggio le giovani generazioni e le famiglie millennial, che dimostrano una maggiore sensibilità verso l’am­biente, sono spaventate dai “pestici­di” e sono maggiormente disponibili a sperimentare soluzioni alternative. Non hanno un’abitudine consolidata nell’utilizzo di agrofarmaci per proteg­gere le piante e tanto vale abituarli fin da subito a tecniche di coltivazione più sostenibili. Una volta si fumava nei cinema, oggi non più.

Perché il Decreto è sbagliato

Considerare sprovveduto chi usa il rame per proteggere i pomodori che poi lui stesso mangerà mi sembra azzardato. Parliamo poi dello stesso consumatore che usa adesivi ciano­acrilati, candeggina o solventi, tutti prodotti di libera vendita in qualsi­asi bancarella, contrariamente agli agrofarmaci PFnPE per hobbisti che vengono veicolati solo da rivendito­ri muniti di autorizzazione, esposti sotto chiave e con l’obbligo di posi­zionare cartelli didattici nel negozio e di spiegare personalmente a ogni cliente come si usano. Infatti i Cen­tri Anti Veleni che ho contattato mi hanno confermato che hanno uno storico di incidenti domestici con adesivi a presa istantanea e liquidi vari ingurgitati per sbaglio, mentre non risultano intossicazioni o pro­blemi causati da agrofarmaci Unp.

Anche partire da un concetto di pe­ricolo e non di reale rischio è parso un errore a molti operatori del set­tore. Anche un motorino lanciato a 100 km all’ora in un mercato affol­lato è un pericolo, ma non possia­mo perciò vietare gli scooter. Forse sarebbe stato meglio partire da un modello di rischio e richiamare la responsabilità personale degli uti­lizzatori.

Anche la tutela ambientale, che tut­ti condividiamo, e la riduzione dei “pesticidi” è difficile da raggiungere se poi l’hobby farmer sarà costretto a ricorrere a un disinfestatore che userà gli stessi prodotti.

Se nel giardinaggio ornamentale possiamo sacrificare per un anno qualche fioritura a causa degli in­setti, il discorso cambia quando parliamo di orticoltura e piante da frutto. Gli hobby farmer che coltiva­no gli orti domestici spendono enor­mi quantità di tempo ed energie per raggiungere un raccolto abbondante e non è pensabile che tutto venga azzerato da una Dorifora o un inset­to del terreno, contro cui oggi non hanno difese. Sono a rischio le col­tivazioni di pomodori, patate, agru­mi, peschi, meli, ecc. Ci auguriamo quindi che il Ministero allarghi le “maglie” dei suoi giudizi in questa direzione in fase di approvazione dei nuovi prodotti.

C’è un ultimo aspetto: sarà una stangata sugli hobbisti e i costi per la coltivazione di un giardino e di un orto subiranno forti rincari, oltre a quelli già provocati dalla pandemia e dalla guerra.

Il Decreto impone le confezioni mo­nodose e ha allungato le frasi pre­cauzionali da riportare in etichetta: nel caso delle polveri, per esempio del Bacillus thuringiensis, passiamo da confezioni di 100 grammi a bu­stine di 3/5 grammi accompagnate da un enorme foglietto illustrativo che richiederà una piccola scatola. Così per realizzare una soluzione da 5 litri l’hobbista spenderà almeno 8 euro, contro gli 80 centesimi di oggi. Senza contare che la produzio­ne di tutti questi packaging fa un po’ a pugni con l’obiettivo della soste­nibilità, che avremmo raggiunto coi prodotti concentrati.

Se poi l’hobbista dovrà passare da una “difesa di emergenza”, da ri­solvere con un agrofarmaco, a una “difesa biologica” con pratiche e prodotti preventivi, dobbiamo consi­derare che per proteggere un orto di 50 mq in aprile dovrà spendere circa 30 euro (con Iva al 22%) per trattare tutte le piante con saponi e polveri e dovrà ripetere i trattamenti tutte le settimane. Molto più onero­so rispetto a oggi e non possiamo escludere che questo Decreto allon­tanerà molti italiani dal giardinaggio con la riduzione dei giardini e degli orti domestici.

Chiarimento: ma l’hobbista può avere il patentino per l’utilizzo di fitofarmaci?

Un altro mistero. La legge (art. 9 comma 1 del Dlgs 150/2012) dice che “l’utilizzatore professionale che acquista per l’impiego diretto, per sé o per conto terzi, prodotti fito­sanitari e coadiuvanti deve essere in possesso di specifico certificato di abilitazione all’acquisto e all’u­tilizzo”. Il termine “professionale” ha indotto molte Regioni a limitare l’accesso al patentino solo ai pos­sessori di partita Iva, mentre altre non si pongono il problema. Forse la legge del 2012 non ha previsto l’evoluzione della più recente nor­mativa sugli agrofarmaci per uso hobbistico, ma resta il fatto che molti hobbisti hanno conseguito con successo il patentino pur non essendo professionisti.

Anche in questo caso andrebbe pro­mosso un chiarimento, per evitare situazioni a macchia di leopardo nel­le varie regioni. Magari ricorrendo a un corso meno impegnativo e con le­zioni online (e non in presenza come oggi), visto che si tratta di privati e non di professionisti. E magari con un costo accessibile: perché la me­dia di 100/150 euro per ottenere il patentino (dura 5 anni) va a gravare sugli aumenti già citati.

Attenzione ai “piccoli chimici”

Tra le maglie del Decreto si celano alcuni equivoci e dubbi che potreb­bero insorgere tra i consumatori.

Se il rame per la vite sarà in com­mercio, potrò usarlo sui pomodori visto che è lo stesso principio at­tivo? Teoricamente sì, ma è contro la legge poiché è un uso improprio. Perché sull’etichetta sarà indicato che va utilizzato sulla vite, con dosi e tempi di carenza e di ripetizione del trattamento relativi a questa col­tura. Vale per tutti i prodotti: se non è indicato sulla confezione, significa che sono stati fatti studi che scon­sigliano quel genere di applicazione o che mancano studi.

Se il piretro pronto uso indoor sarà in commercio, potrò usarlo anche nell’orto visto che è lo stesso principio attivo? Ovviamente no: è naturale che chi acquisterà il pire­tro indoor lo userà probabilmente anche sulle piante del terrazzo, ma il Decreto mira a limitare l’utilizzo all’esterno poiché, come spiegato, il piretro dà problemi alle api.

La deltametrina è vietata negli in­setticidi per il giardinaggio ma è ancora presente nei Pmc: posso spruzzare l’insetticida per le zanza­re contro gli afidi delle rose?

Come gestire le scorte di PFnPO

Precisiamo che secondo la legge le scorte sono a carico del rivenditore e i produttori o distributori non sono tenuti a ritirare la merce invenduta. È invece loro compito comunicare tempestivamente ai rivenditori tem­pi e modi per la gestione delle scor­te. Inoltre il Ministero ha concesso 6 mesi per lo smaltimento delle confezioni tutt’ora in commercio. Ma con alcune eccezioni.

I prodotti per cui è stato presentato il dossier al Ministero e sono stati approvati possono essere venduti anche dopo il 1° gennaio 2023 e per 6 mesi dal Decreto, quindi fino a fine maggio. Come abbiamo scrit­to, il Ministero si è riservato una se­conda valutazione nel 2023.

Se invece il dossier è stato rifiu­tato o non è stato presentato, per esempio perché il principio atti­vo non supera i cut-off, come nel caso della deltametrina, il PFnPO non deve essere venduto dopo il 31/12/2022. I prodotti per piante ornamentali, non avendo un’etichet­ta professionale, non potranno es­sere ceduti neanche ai professioni­sti con patentino.

È bene ricordare che i PFnPO per le piante ornamentali possono essere venduti anche senza autorizzazione (patentino) e quindi sono in com­mercio anche presso i centri brico­lage e la grande distribuzione.

I 6 mesi aggiuntivi sono necessari poiché le industrie non hanno anco­ra a disposizione le nuove etichet­te, a causa dei ritardi ministeriali, che arriveranno forse a gennaio. Quindi per non fermare gli impian­ti produttivi continuano a produrre con le vecchie etichette: probabil­mente nel giugno 2023, nel pieno della campagna di vendite, si porrà nuovamente il problema dello smal­timento delle scorte.

Come gestire le scorte di PFnPE

Anche in questo caso, se è stato presentato un dossier ed è stato approvato dal Ministero, possiamo vendere i prodotti anche dopo il 1° gennaio e per 6 mesi.

Se invece il dossier è stato rifiu­tato o non è stato presentato, i rivenditori autorizzati alla vendita di agrofarmaci potranno venderli agli utilizzatori professionali con patentino, accompagnandoli con l’etichetta professionale fornita dal produttore. Quindi con carico e scarico del prodotto al Sistema In­formativo Agricolo Nazionale (Sian). Molti PFnPE per hobbisti sono figli di prodotti sperimentati in agricoltura, quindi esiste un analogo prodotto professionale. Se dovesse manca­re, purtroppo dovranno uscire dal commercio dal 1° gennaio 2023.

Il nuovo category della dife­sa: le soluzioni alternative agli agrofarmaci Unp

I reparti dedicati alla difesa delle piante dei negozi specializzati de­dicati ai consumatori subiranno una vera e propria rivoluzione. Sia perché alcune categorie di prodotto sono state azzerate dal Decreto, per esempio i fungicidi per il tappeto er­boso, sia perché dovremo educare gli hobbisti a una gestione biologi­ca integrata che si raggiunge con l’uso di nuove famiglie di prodotti.

Possiamo riunirle in tre categorie principali: le sostanze attive a bas­so rischio, le sostanze di base e i corroboranti. Le prime due sono disciplinate da norme europee (Ce 1107/2009), mentre i corroboranti sono una caratteristica italiana (Dm 6793/2018).

Le sostanze attive a basso rischio sono contenute in preparati non classificati, non sono persistenti, hanno un basso fattore di biocon­centrazione e in alcuni casi sono consentite in agricoltura biologica. Per lo più sono microorganismi e sostanze fungicide.

Vengono definite sostanze di base quelle sostanze naturali non utilizza­te principalmente per scopi fitosani­tari ma che apportano ugualmente un beneficio alle piante. Anche in questo caso c’è una prevalenza di fungicidi, come l’equisetum arven­se, l’idrossido di calcio, il salix cor­tex o l’idrogeno carbonato di sodio. In altri casi sono elicitori, cioè agen­ti in grado di indurre nella pianta la biosintesi di metaboliti implicati nel­le risposte difensive. Come il sac­carosio, il chitosano cloridrato e il fruttosio.

I corroboranti sono presenti invece solo nella legislazione italiana. Si tratta di sostanze di origine natura­le che migliorano la resistenza del­le piante e le proteggono dai danni non parassitari. Come le sostanze di base sono consentite in agricol­tura biologica e non occorre alcuna registrazione o patentino per la ven­dita o l’acquisto.

In questo caso la gamma si amplia con soluzioni che svolgono un’azione insetticida, come i saponi molli utili contro gli afidi, un target importante dei giardini italiani, insieme a cocci­niglie e acari contro cui sono utili gli oli vegetali. Altri corroboranti sono la polvere di roccia che ha un effetto igroscopico quindi riduce l’umidità e lo sviluppo di funghi, il bicarbonato di sodio, il gel di silice, la calce viva, l’estratto integrale di castagno a base di tannino, l’olio vegetale trat­tato con ozono e l’estratto gliconico a base di flovonoidi.

È sempre bene precisare che non si tratta di “farmaci” ma di prodotti di origine naturale che potenziano le difese delle piante da attacchi bio­tici e abiotici. Quindi l’approccio è molto diverso rispetto a un insettici­da al piretro da usare all’occorrenza ed eventualmente ripetendo l’azio­ne dopo 7 giorni. Il sapone molle va applicato alla primissima comparsa degli insetti e il trattamento va ripe­tuto frequentemente e dopo ogni pioggia.

La dose e la modalità di applica­zione, molto più ripetitiva rispetto agli agrofarmaci, giocano un ruolo fondamentale per il conseguimento dell’efficacia.

Attenzione ai momenti di transizione

Anzitutto vi informiamo che dal Mini­stero arrivano informazioni “terrori­stiche” in merito all’intenzione di ef­fettuare controlli a tappeto nei punti vendita per verificare l’applicazione delle disposizioni di legge. È vero: lo dicono sempre e poi i controlli non sono così rigidi. Ma non dite che la stampa non ha avvisato!

Anche se lo scopo del Decreto è la promozione della sostenibilità per il raggiungimento di un pianeta più pulito e felice, il divieto di vende­re prodotti iper-registrati, studiati e analizzati da decenni, per sosti­tuirli con sostanze che non richie­dono registrazioni, apre al rischio di speculazioni con prodotti di dub­bia provenienza. È sufficiente dare un’occhiata all’offerta online per trovare prodotti a dir poco bizzarri. Se un cane ingerisce un agrofar­maco, abbiamo un bugiardino che permette al veterinario di interveni­re con cognizione di causa, con un corroborante no. Uno dei compiti del commercio è anche la tutela della salute pubblica e la selezio­ne di prodotti di sicura provenien­za: mai come in questa fase vale la pena di affidarsi ai fornitori e ai brand storici, se volete sapere cosa state versando nell’orto dei vostri clienti più fedeli. Guardiamo il bicchiere mezzo pieno: sfruttiamo questo neo rinascimen­to del giardinaggio italiano, che ha spinto molte famiglie e tanti giova­ni ad avvicinarsi per la prima volta alla coltivazione, grazie anche alla pandemia, per creare un merca­to più ecologico e sostenibile per il futuro. Non tutti gli agrofarmaci sono scomparsi e le industrie stan­no lavorando sia per lanciare nuovi prodotti all’inizio del 2023 sia per convincere il Ministero a rivedere in modo più realistico alcuni “nervi” dell’impianto normativo che riman­gono “scoperti”.

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