Garden center e pet sono sempre stati un binomio che funziona. Ma negli ultimi anni le catene di petshop hanno moltiplicato il numero dei negozi e in Italia sono le uniche che guadagnano dall’aumento del giro d’affari del mercato pet. Un vero e proprio “category killer”, a danno dei petshop tradizionali e della GDO, che si difende investendo in nuovi format dedicati agli animali. Su tutto aleggia anche lo spettro dell’e-commerce. Quale ruolo hanno i centri giardinaggio?
Insieme alla Spagna, il mercato del pet italiano registra tassi di crescita da record in Europa. Secondo i dati Assalco Sono aumentate del 4% le vendite di alimenti per cani e gatti (1,914 miliardi di euro nel 2015) e anche il settore degli accessori ha registrato un confortante +2,4% a valore. Va inoltre notato che il consumatore sta spostando i suoi gusti verso prodotti di maggiore qualità: nel 2015 le vendite a valore sono aumentate del 4,1% ma i volumi sono cresciuti solo dell’0,9%. Acquistiamo gli stessi prodotti, ma spendiamo di più: una tendenza evidenziata anche dalla crescita importante degli “snack funzionali” e “fuoripasto” per cani (+22,9%) e gatti (+15,3%), così come dall’aumento del gradimento verso le confezioni monopasto, molto più comode e senza sprechi.
“I proprietari di pet confermano una diffusa attenzione alla salute e al benessere dei propri animali e tale attenzione si manifesta attraverso la scelta di alimenti di alta qualità (i cosiddetti premium e superpremium) e di alto contenuto di funzionalità, che permettano una dieta equilibrata e siano garanzia di salute e benessere – spiega l’ultimo Rapporto Assalco –. In altre parole, le scelte d’acquisto dei proprietari di pet si indirizzano verso prodotti premium che accrescono il valore del mercato”.
Buone notizie dunque per i centri giardinaggio, che in questi anni hanno introdotto reparti pet per destagionalizzare le vendite del mercato del giardinaggio? Non necessariamente.
Garden center e pet: attenzione ai category killer
Analizzando nel dettaglio il Rapporto Assalco emerge infatti che gli unici a trarre vantaggio da questa crescita sono le catene di petshop. Se analizziamo il mercato degli alimenti per cani e gatti, la famiglia più importante, scopriamo infatti che le vendite – a volumi – sono aumentate del 16,3% nelle catene specializzate negli animali, mentre la GDO è rimasta ferma al +0,3% e i petshop tradizionali (circa 4.800 punti vendita) addirittura sono in calo con un -1,2%. Anche se consideriamo il giro d’affari, a valore, la musica non cambia: GDO +3,3%, petshop tradizionali +1,6% e catene +17,9%, addirittura in controtendenza rispetto al trend generale del mercato.
È vero che, nel mercato food cane e gatto, le catene valgono “solo” 194,6 milioni di euro di fatturato, contro i 1.106,2 della GDO e i 613,3 dei petshop, ma i tassi di crescita sono impressionanti e stanno mettendo in difficoltà tutti i concorrenti. I petshop tradizionali, in particolare, stanno registrando una costante riduzione dei volumi, dai 105,8 milioni di kg del 2012 ai 99,2 del 2015. Esattamente il contrario delle catene che sono in continua crescita, dai 22 milioni di kg del 2012 agli attuali 35,5. Nelle catene tutti i settori sono in forte aumento: in particolare gli alimenti secchi per cani (+19,6% a valore), gli alimenti umidi per cane (+21,7%) e gli snack per cani (+22,9%).
Chi uscirà perdente da questo scontro? I centri giardinaggio non sono analizzati da Assalco, ma immaginiamo non vivano una situazione differente, specialmente se hanno una o più di queste catene nel proprio bacino d’utenza. Un dato è certo, i petshop tradizionali venderanno cara la pelle e hanno gli strumenti per farlo, visto che sono il canale con maggiore redditività con il 32% del fatturato totale italiano del pet food contro solo il 18% dei volumi.
500 negozi nati in poco tempo
Le catene petshop rappresentano oggi un universo di circa 500 punti vendita, in rapido sviluppo. Per citare le insegne più conosciute e importanti possiamo ricordare, in ordine alfabetico, Arcaplanet (192 negozi), Dog & Cat Supermarket (7), Fauna Food (20), Fortesan (più di 60 negozi in Piemonte, Liguria e Lombardia), Italpet (8), l’Isola dei Tesori (più di 200 negozi), Maxi Zoo (80), Moby Dick (10 negozi nel Lazio), Zoo Megastore (11) e Zoodom (17).
Il punto di forza delle catene è l’ampiezza dell’assortimento: mentre i petshop tradizionali hanno mediamente 1.528 referenze, le catene arrivano a 2.074 prodotti e sono quelle che hanno fatto registrare il maggiore incremento (+155 referenze medie nel 2015). Molto più “contenuti” gli ipermercati (517) e i supermercati (250). Con un assortimento più ampio e profondo, i negozi delle catene garantiscono un fatturato pari al quadruplo rispetto a un petshop tradizionale.
Le catene uniscono l’opportunità derivante dall’elevata specializzazione dei petshop tradizionali a un format più vicino alla GDO per quanto riguarda la gestione assortimentale e del display. Da ciò derivano inevitabili vantaggi competitivi, chiave del successo che il canale ha riscosso negli ultimi anni. In questo senso deve essere letta la grande crescita delle private label nelle catene, in controtendenza con la GDO e superiore a quella dell’industria di marca.
Anche la GDO diventa specialista
Anche le insegne della GDO non stanno a guardare. Vista la crisi di redditività degli ipermercati, in molti negozi sono stati ricavati degli spazi da dedicare in modo “verticale” al pet, andando a sviluppare l’offerta del comparto verso prodotti più premium.
Un ottimo esempio in questa direzione è il progetto Pet Store Conad, iniziato nel 2016 e che conta già 18 punti vendita, con un piano di sviluppo importante: “Il piano di sviluppo prevede l’apertura di almeno 20 locali nel corso dell’anno che porteranno all’assunzione di circa 100 persone – ha spiegato Francesco Pugliese, amministratore delegato di Conad, all’inaugurazione del primo negozio –. In 3 anni questi negozi saliranno a 100. Quando investiamo vogliamo farlo in ambiti dove possiamo dire la nostra con consapevolezza”.
Pet Store Conad è focalizzato sul creare una relazione più stretta col cliente per andare incontro a un bisogno reale di consulenza. Dall’esperienza maturata è emerso che le nuove aperture hanno già acquisito una clientela diversa, con più alta capacità di spesa, senza riscontrare la “cannibalizzazione” dell’assortimento del supermercato.
Un altro esempio viene da Iperal che ha lanciato gli Iperal Pet Store nei negozi di Fuentes (SO) e Sondrio: 5.500 referenze a disposizione degli appassionati.
Non ultimo, l’e-commerce
Oltre alle catene, il mercato dei prodotti per gli animali d’affezione vede un’importante crescita anche dell’offerta dell’e-commerce, un canale non analizzato nel rapporto Assalco.
Un mercato nel quale operano sia le catene, come Arcaplanet, Fortesan, Italpet o Zoodom, sia imprese esclusivamente dedicate alle vendite online, come Zooplus.it attivo dal 1999 in 30 paesi europei. Nel 2016 Zooplus ha sviluppato un giro d’affari superiore agli 875 milioni di euro, con una crescita oltre il 20%.
Quali soluzioni per i centri giardinaggio?
Per conquistare i consumatori pet, i centri giardinaggio dovranno sviluppare una grande specializzazione, orientata a una maggiore fidelizza-zione dei clienti. Chi si rivolge a un centro specializzato ricerca una consulenza e dei consigli personali, che non trova negli scaffali a libero ser-vizio. Un punto vendita specializzato deve avere un’ottima conoscenza dei prodotti e la capacità di esporli e proporli al cliente nel mondo più pertinente.
Anacronistica la richiesta di una differenziazione delle gamme, in modo da personalizzare l’offerta dei garden center, poiché in questo momento la stragrande maggioranza delle industrie del pet non fa distinzioni neanche tra petshop tradizionali e catene. Figuriamoci per un canale come il garden center, che sviluppa fatturati molto inferiori.
Una tendenza che sta emergendo nei centri giardinaggio europei vede la riduzione degli spazi dedicati all’esposizione dei prodotti a favore di aree destinate ai servizi: toelettatura, ambulatorio veterinario, agility dog e anche spazi in cui lasciare gli amati pet mentre il padrone è in vacanza. Un rapporto con il cliente che non si ferma quindi all’esposizione dei prodotti sugli scaffali, ma che entra nel merito della gestione e della cura dell’animale.