Nel 2022 il costo per produrre piante in Italia salirà del 70% rispetto al 2021, con picchi del 100% per le coltivazioni energivore, mentre il mercato del fiore reciso europeo rischia di calare del 40%. L’allarme lanciato il 12 settembre dal gruppo Fiori e Piante di Copa-Cogeca percorre l’Europa. Quali ripercussioni per il mercato italiano del giardinaggio?
Il costo per produrre piante e fiori è economicamente insostenibile
Dopo essere usciti quasi indenni dalla primavera 2020 e dall’emergenza Covid, che ricorderemo per i video con la distruzione dei fiori invenduti, il mondo del florovivaismo pensava di averle viste tutte e nessuno immaginava che dietro la curva ci fosse una salita ancora più impervia. Invece il conflitto in Europa, iniziato nello scorso febbraio, ha sommato i nuovi incrementi dei prezzi dell’energia ai tanti aumenti di un po’ tutte le materie prime, che già erano iniziati nel 2021 come conseguenza della pandemia.
Fin dal 2021 infatti i vasi professionali hanno iniziato a risentire degli aumenti di prezzo delle materie plastiche, così come i produttori di substrati di coltivazione devono ora affrontare la riduzione della torba, proveniente da Russia e Bielorussia, e l’aumento di costo di molte matrici caratterizzate da un processo di produzione energivoro, come la fibra di legno spesso utilizzata in sostituzione della torba. Oltre agli aumenti dei principali “mezzi tecnici”, i florovivaisti italiani devono oggi fronteggiare la crescita esponenziale dei prezzi energetici e conseguentemente del costo per produrre piante e fiori: una situazione che spesso rende non redditizia l’attività.
Il caro-energia mette in difficoltà le serre
Il segnale d’allarme è stato lanciato nell’incontro del 12 settembre del gruppo di lavoro Fiori e Piante di Copa-Cogeca, l’associazione che rappresenta gli interessi dell’agricoltura e delle cooperative agricole in Europa. La previsione di una perdita del 30% del potere d’acquisto dei consumatori europei e di una riduzione del 40% del commercio di fiore reciso ha stimolato Copa-Cogeca a lanciare un allarme e una richiesta alla Comunità Europea per la tutela delle esigenze energetiche del mondo agricolo e il sostegno finanziario immediato, ricorrendo ai fondi europei non utilizzati e ai ricavi eccedenti derivanti dai combustibili fossili.
“Chiediamo misure specifiche, immediate e a breve termine a livello europeo per i settori agricolo e forestale, compresi interventi finanziari per assicurare la liquidità – ha spiegato Ramon Armengol, presidente di Cogeca -, in modo da garantire un approvvigionamento alimentare ed energetico senza interruzioni per tutto l’inverno e oltre”.
Lo stesso giorno anche Steven van Schilfgaarde, Ceo di Royal Flora Holland, ha diffuso un video con un accorato appello al governo olandese ed europeo affinché il mondo del florovivaismo in serra non sia abbandonato dinanzi ai forti rincari dei costi energetici.
“Il costo per produrre piante e fiori è molto più alto del reddito che producono – spiega nel video Steven van Schilfgaarde -. Royal Flora Holland riceve ogni giorno cancellazioni da parte di imprese che hanno deciso di interrompere temporaneamente l’attività questo inverno. Ci sono anche segnalazioni di società costrette a dichiarare bancarotta. La situazione è molto più grave della crisi causata dal Coronavirus, che aveva già colpito duramente la floricoltura. Aziende familiari che da generazioni coltivano bellissimi fiori e piante improvvisamente non hanno più prospettive”.
Se il prezzo del gas rimane a questi livelli per un lungo periodo, ha spiegato Flora Holland, sarà in gioco l’esistenza stessa del settore, che rischia di subire danni irreparabili.
“I politici ancora non ne sono consapevoli – continua Steven van Schilfgaarde -. I prossimi mesi saranno cruciali e la questione non riguarderà solo la produzione: tutta la filiera ne sarà influenzata. Flora Holland lancia l’allarme e lavorerà per creare un’ampia coalizione in cui oltre all’orticoltura in serra siano coinvolti i fioristi, i centri giardinaggio e i giardinieri”.
La situazione italiana
Le imprese florovivaistiche italiane affrontano gli stessi problemi dei colleghi olandesi, forse in parte attutiti dal fatto di vivere in un clima meno freddo. Per esempio la produzione di crisantemi recisi è in crisi in Sicilia, ma è già ferma in Olanda.
Il prezzo del gasolio agricolo in Italia è aumentato del 130% (fonte Cia Agricoltori Italiani), mentre l’energia elettrica è cresciuta del 691% da gennaio 2021 a settembre 2022 (fonte Confagricoltura). Il metano che era già cresciuto del +653% a gennaio 2022 (rispetto a gennaio 2021) è salito al +694% a giugno e al +1.212% a luglio (fonte Assofloro). Ma i rincari toccano anche le energie green: le biomasse, come i gusci di nocciola utilizzati per l’alimentazione notturna delle serre, sono passate da 10 a 20 euro al quintale.
Abbiamo già accennato anche all’aumento di tutti i materiali di produzione. Tra i fertilizzanti il costo dell’urea è aumentato del 189% e quello del nitrato ammonico del 257%. Il prezzo degli acciai è aumentato tra il 30% e il 40%, mentre le materie plastiche oscillano tra il +20% e il +30%. Senza dimenticare i trasporti, quattro volte più cari rispetto alle medie pre-Covid.
Il problema principale, però, è legato all’energia poiché stiamo entrando nell’inverno, la stagione in cui è maggiormente necessaria.
Molte imprese florovivaistiche italiane esportano fiori e piante in tutta Europa e in alcuni casi l’export vale oltre l’80% del giro d’affari. Impossibile riversare gli aumenti sulla filiera: secondo alcune stime i prezzi finali dovrebbero crescere almeno del 25%. Sui mercati internazionali le imprese italiane si devono confrontare con una minore disponibilità di spesa delle famiglie europee e con la concorrenza delle produzioni francesi e spagnole, dove la crisi energetica è attutita dall’apporto delle rinnovabili e del nucleare. C’è il concreto rischio che vengano ridotte o abbandonate le varietà più energivore, a vantaggio di altre piante. Pensiamo ai fiori recisi che richiedono lunghe fasi di stoccaggio in celle frigorifero oppure a piante come il basilico, coltivato tutto l’anno in serra con grande consumo di energia.
Già il 12 settembre, il giorno dell’incontro del gruppo di lavoro Fiori e Piante di Copa-Cogeca, Confagricoltura ha rilanciato l’invito all’attenzione ai problemi del settore florovivaistico italiano, uno dei più importanti in Europa sia per quantità della produzione sia per la varietà, grazie alle caratteristiche territoriali. Ricordiamo che il florovivaismo italiano supera i 2,6 miliardi di euro, con valori alla produzione, ha un saldo attivo della bilancia commerciale di quasi mezzo miliardo e occupa 27.000 imprese e più di 100.000 addetti.
Un settore in sofferenza per l’impennata dei costi produttivi ed energetici che, secondo una stima di Confagricoltura, porteranno nel 2022 a un aumento del 70% dei costi di produzione rispetto al 2021. Con picchi che possono superare il 100% per alcune colture.
“Le nostre preoccupazioni – spiega Confagricoltura nel comunicato del 12 settembre – sono forti anche per il calo dei consumi. Le difficoltà sono evidenti e rischiano di condizionare le scelte aziendali. È purtroppo chiaro che fiori e piante, pur con il loro importante apporto nel migliorare l’ambiente, la psiche e la qualità della vita, rischiano di essere sacrificati per risparmiare nel timore della crescita dell’inflazione”.
La minore fiducia verso il futuro e la minore disponibilità di spesa da parte delle famiglie italiane è una tendenza confermata anche dal recente sondaggio sul sentiment dei consumatori, condotto da Metrica Ricerche per l’edizione 2022 dell’Osservatorio Non Food di Gs1 Italy: tra il 50% e il 70% degli intervistati, a seconda del comparto merceologico non food analizzato, acquisterà meno prodotti non alimentari nel 2022 e tenderà a rimandare questi acquisti. Una decisione dettata dal timore di dover affrontare un importante aumento dei costi dei beni di prima necessità, a partire dagli alimentari, e di quelli “forzati”, come carburanti e bollette.
Il 13 settembre è intervenuta anche Florovivaisti Italiani-Cia che ha rilanciato le preoccupazioni emerse nell’incontro di Copa-Cogeca. “Le difficoltà del comparto a livello Ue potrebbero portare al blocco temporaneo dell’attività o addirittura alla dismissione delle aziende di molti produttori a rischio default – ha dichiarato Aldo Alberto, presidente di Florovivaisti Italiani-Cia e vicepresidente del gruppo di lavoro Fiori e Piante di Copa-Cogeca -. In Olanda sono stati già attivati aiuti per sostenere le imprese, ma non sono sufficienti. La preoccupazione è condivisa da tutti i paesi europei e risulta evidente che senza aiuti di Stato sarà difficile affrontare una crisi ben peggiore di quella vissuta nelle fasi acute della pandemia. Per contrastare gli effetti della guerra russo-ucraina su costi energetici e materie prime e le spinte inflazionistiche che si sono generate, Florovivaisti Italiani-Cia ritiene, dunque, indispensabile che le aziende restino attive sul mercato anche in una fase così critica. Questo è un settore chiave nel Green Deal e deve poter mantenere il suo ruolo strategico, che permetterà di tutelare la biodiversità e raggiungere gli ambiziosi obiettivi del G20 di Roma, con la messa a dimora di mille miliardi di alberi per salvare il pianeta entro il 2030”.
L’allarme viene rilanciato anche da Assofloro, l’associazione nazionale del mondo florovivaistico: “A causa dei rincari incontrollabili – ha spiegato Nada Forbici, presidente di Assofloro, nel comunicato del 19 settembre -, le aziende florovivaistiche italiane rischiano di chiudere e di licenziare i propri dipendenti. Oggi le aziende sono al bivio, si chiedono se continuare a produrre rischiando il fallimento oppure fermarsi e sospendere la produzione. Non c’è più tempo, la situazione è gravissima: ogni mese in più che trascorre porta le aziende a erodere i propri risparmi per pagare le bollette di luce e gas. Chiediamo alle istituzioni di intervenire nell’immediato, una soluzione concreta agli aumenti insostenibili deve essere trovata. Il nostro non è solo un grido di allarme, ma una necessità di intervenire subito. La floricoltura in serra è tra le filiere produttive che più risentono dell’incremento dei costi energetici, già duramente provata dal lockdown causato dal Covid e dalle conseguenze sui mercati del conflitto Russia-Ucraina”.
Va inoltre considerato che la floricoltura in serra è particolarmente vincolata dalle stagionalità e non è possibile rinviare alcune produzioni. Per esempio la disponibilità di Stelle di Natale sarà sicuramente ridotta a causa degli attuali rincari. Anche i tempi lunghi di produzione di alcune varietà rendono difficile la programmazione delle coltivazioni.
“Dai dati raccolti – ha continuato Nada Forbici – risulta ben chiaro che la situazione è gravissima ed è necessario agire subito cercando di fare risparmiare liquidità finanziaria alle imprese. Se gli interventi non saranno tempestivi, tante aziende del settore rischieranno seriamente di morire. Un valido aiuto per il settore è stata la decontribuzione per i dipendenti e per i datori di lavoro nel periodo del lockdown, come la moratoria dei mutui. Questa soluzione potrebbe essere un immediato risparmio di liquidità per le imprese, in attesa dell’applicazione dei crediti di imposta e di poter tornare a investire anche in energia rinnovabile. Perché oggi la spesa folle delle bollette sta fungendo da detrattore agli investimenti per le aziende proprio per il consumo dei risparmi, nonostante i contributi, nella speranza di tornare presto alla normalità”.
Stessi problemi nel mondo industriale
Il gardening non è fatto solo di verde vivo, per cui i problemi legati agli aumenti dei costi energetici della floricoltura italiana sono gli stessi che si trovano ad affrontare anche le industrie manifatturiere.
Confindustria ha stimato che nel 2022 il prezzo dell’energia inciderà per il 10,2% sul totale dei costi di produzione delle imprese, rispetto al 3,9% degli anni pre-Covid.
In un comunicato del 21 settembre Federunacoma, la federazione che riunisce i produttori di macchine agricole e che comprende Comagarden Costruttori Macchine Garden, ha elencato le problematiche delle industrie manifatturiere tracciando un panorama a tinte fosche.
“Nella prima metà dell’anno – ha affermato Alessandro Malavolti, presidente di Federunacoma – le nostre imprese sono riuscite ad assorbire l’aumento dei costi senza particolari rincari sul prezzo finale dei prodotti, in parte attingendo alle forniture precedentemente immagazzinate e in parte riducendo i propri utili; ma il perdurare dell’emergenza non lascia più margini e costringe molte imprese ad aggiornare i propri listini, con effetti sul mercato distorsivi e pericolosi. L’aumento dei listini raffredda il mercato proprio nel momento in cui la domanda di macchinario agricolo è in crescita a livello globale e favorisce oltremodo quei paesi come la Cina, l’India o la Turchia nei quali la quotazione dell’energia è rimasta sostanzialmente invariata, mantenendo bassi i costi di produzione e consentendo politiche di marketing particolarmente aggressive. L’incertezza politica che attualmente grava sul nostro paese non consente di fronteggiare l’emergenza con la necessaria efficacia e anche dopo le elezioni non sarà facile mettere in atto, in tempi rapidi, una strategia che sostenga il settore in modo sistemico, cioè tenendo conto di tutte le variabili (energia, materie prime, trasporto, stoccaggio, prezzo finale, concorrenza estera, ulteriore aumento dei prezzi delle forniture) che influenzano il settore in modo sempre più allarmante”.